18 maggio 2022

Linguistica candida (61): Facoltà, esperienza, comportamento

In modo inscindibilmente combinato, la lingua è facoltà della specie, esperienza individuale e comportamento sociale e non c'è momento del suo continuo processo in cui i tre aspetti non siano in correlazione. 
A fatica e con accanita applicazione, si può tentare di rendere sperimentalmente osservabile ciascun aspetto. Necessita all'uopo la continua messa a punto di procedure appropriate. Appropriate soprattutto perché coscienti di produrre, ben che vada, ipotesi di astrazioni sempre imperfette e non depurabili. 
Non c'è comportamento linguistico che non rifletta esperienza e facoltà di lingua; non c'è facoltà di lingua che non sia verificata da esperienze e comportamenti linguistici; non c'è esperienza che, sul fondamento della facoltà di lingua, non si faccia patente in un comportamento e non vi si determini. Facoltà, esperienza e comportamento non saranno mai attingibili allo stato puro.
Forse è questa la sola solida acquisizione delle molte erranze di una disciplina che da due secoli prova a nascere e, ripetutamente, muore in culla, venendo rapidamente sostituita da una delle repliche partorite dal sempre rinnovato connubio, quanto alla lingua, di credenze e luoghi comuni millenari. 

8 maggio 2022

Sommessi commenti sull'Ultra-Moderno (2): Futuro senza filologia

Quasi generale negli ultimi trenta anni è stata l'illusione che, contando per l'umanità solo il futuro, ci si fosse liberati per sempre del passato. A proposito del primo, si fanno previsioni e vaticini; del secondo invece, con fatica, si fa storia. Tra le altre diversità, sperimentalmente verificabili, sono due modalità discorsive che hanno anche una radicale differenza di attendibilità.
Caso mai ce ne fosse stato bisogno, il presente si sta incaricando di mostrare quanto sciocca fosse quella illusione, quanto passato ci sia appunto nel presente, in ogni presente, e quanto tale passato decida il futuro. Senza scienza del passato, parlare del futuro, da ipotesi (cosa che è sempre), si fa mero vaniloquio.
Per gli esseri umani, lo si sa bene, profetare è pulsione incoercibile, proprio come lo è interpretare. Profeti ed ermeneuti si somigliano, anche perché hanno sempre qualcosa da dire. A moderare ambedue le pulsioni, a ricondurle a una ragionevolezza sempre precaria, dovrebbe provvedere la consapevolezza del passato procurata dalla conoscenza della storia. Ma tale conoscenza non si consegue senza pratica metodologica di rigorosa filologia.