30 maggio 2013

Come cambiano le lingue (2)

Oggi, in un pezzo del Corriere on-line e per i lessicografi del futuro: "«Senza una corretta strategia di interoperabilità non si può seguire il mercato». Se a proferire una frase del genere fosse un esponente della comunità [open] source o della free software foundation non ci sarebbe alcuna notizia e saremmo di [fronte] al cane che morde l'uomo, per dirla in gergo giornalistico. Invece a lanciare un'invettiva pro-interoperabilità è [il] responsabile delle strategie competitive di Microsoft, per anni quanto di meno interoperabile abbia offerto il mercato, insieme ad Apple".
Prima attestazione nota ad Apollonio di invettiva come vox media, tale cioè da consentire, oltre alla tradizionale reggenza introdotta da contro, anche una reggenza con proE conferma di una circostanza psicolinguistica (di conseguenza, sociolinguistica) peraltro ben nota: a spingere avanti le lingue non sono gli incólti ma i non-incólti (classe che include cólti e semi-cólti) con le mai esauste risorse di una creatività che è combinazione di incoscienza e intenzionalità: quindi, a suo modo, proiezione nell'età adulta di un tipico stato infantile. 
Chi cambia la lingua, insomma, pare un bambino ma non lo è, come pare uno che sa ciò che fa e invece è solo uno che sa ciò che vuoleChe poi riscuota o non riscuota simpatia, e presso chi e come, è altra questione.
In ogni caso, una nascita (se di nascita si tratta) è un evento fausto. Buon pro.

A frusto a frusto (65)




Non è mai il caso di pretendere che il mondo non vada dove e come meglio gli aggrada. Concessoglielo, si può tuttavia fargli di tanto in tanto rilevare (certo, a proprio rischio e pericolo) quando esagera.

29 maggio 2013

Linguistica candida (3): Un sogno del Moderno

A cavaliere tra Settecento e Ottocento, all'origine dell'ipotesi o del sogno moderno di un'attenzione scientifica verso la lingua ci fu l'ipotesi o il sogno di una lingua di cui, come sogno o ipotesi, i grammatici (grazie al Cielo!) non avevano appunto potuto fissare le norme d'uso, alle cui testimonianze i filologi (si dirà purtroppo?) non avevano potuto prestare le loro cure e che, non essendo né fisica né metafisica, ai filosofi (difficile dire se fosse bene o male) non era mai passato per il capo potesse comparire degnamente tra le tante loro fantasie speculative.
La linguistica scientifica, insomma, nasce creando il suo oggetto e prendendo così subito le distanze da tutti i clan di dotti che, fino a quel momento, avevano dominato incontrastati, con attitudine pedantesca o con accostamento pedestre, un'eterna palestra dell'esercizio umano del pensiero: la lingua. O almeno ciò che tali clan avevano fin lì supposto fosse tale. Dal loro punto di vista. 
E nasce, la sedicente linguistica scientifica, con l'intento di mettere mano alla palestra fin dalle fondamenta, di rovesciarne le pertinenze, di misurare il visibile con l'invisibile, di sottoporre allo scrutinio critico dell'intelligenza di un nuovo metodo, tutto da costruire ma sistematico e comparativo, i prodotti tradizionalmente procurati dai tre clan, accostumati per andazzo millenario a discettare di lingua (o di suoi succedanei e surrogati) come se essa fosse risolta, come problema o come mistero, nelle arcigne prescrizioni dei primi, nei concreti documenti dei secondi, nelle speculazioni fisiche e metafisiche dei terzi.
Son passati duecento anni. Libertà, eguaglianza, rispetto: le ipotesi e i sogni del Moderno si sono tutti putrefatti, lasciando dietro di sé scie di cui l'umanità non dovrebbe forse dirsi orgogliosa. Anche la piccola ipotesi e il sogno innocente della linguistica si sono putrefatti? Apollonio, che sonnecchia da un paio di millenni e che del mondo ha sempre capito molto poco, se lo chiede. A occhio, però, la scia di quella ipotesi e di quel sogno gli pare oggi occupata dai soliti filosofi, dai soliti filologi, dai soliti grammatici. Sente che tutti si dicono però linguisti. Ma ciò sarà per via del fatto che, come si sa, i nomi non sono conseguenza delle cose né, ovviamente e come si dovrebbe finalmente ammettere, le cose conseguenze dei nomi.

28 maggio 2013

Indirizzi di metodo, per giovani che non ne necessitano (4)



Trovandosi a spasso pel mondo, s'avesse la curiosa voglia di capirci qualcosa (e, col pretesto, di capire anche un po' di se stessi), non ci si metta sulla via della riprovazione, ancor meno dell'indignazione. È una falsa scorciatoia. Alletta, perché promette meno fatica; imboccarla consola e, soprattutto, gratifica. Non porta a nulla, però, e a percorrerla ci si può persino trovare in pessime compagnie.

27 maggio 2013

26 maggio 2013

Cronache dal demo di Colono (13): Altrove




Stupisce poco che il bisogno di altrove cresca e diventi spasmodica la sua ricerca quando, ovunque, l'altrove comincia seriamente a scarseggiare.

A frusto a frusto (63)



Sarebbe comica, se non fosse sovente tragica, l'ostinazione di chi non si arrende al trasparente etimo di utopia

Numeri (6): Provvidenza?



Il rapporto tra il numero di atti stupidi, sconsiderati e maligni che si compiono a ogni istante sulla faccia della terra e quello, pur grande ma certo inferiore, delle loro vittime, a volte innocenti, sostanzia l'ipotesi che ci sia qualche predilezione, lassù, per "la nostra riverita specie". Forse, però, solo perché la si trova a suo modo divertente.

25 maggio 2013

A frusto a frusto (62)





È onore al pitocco che muore il sapere sepolte con sé (come dire, disperse) le proprie carabattole.

23 maggio 2013

A frusto a frusto (61)




Non c'è realismo meno conforme alla realtà di quello che pretende, irrealisticamente, d'essere il solo punto di vista realistico.

22 maggio 2013

Indirizzi di metodo, per giovani che non ne necessitano (3)




Chi, per inspiegabile dono, sa godere di cose preziose e, perfezionando il piacere, si mette sulla difficile strada di imparare a farne, apprezzi l'andazzo del mondo. Da gran tempo, le cose preziose vi si fanno più rare. Vi si fanno dunque sempre più preziose.

20 maggio 2013

A frusto a frusto (60)



Gli instancabili esecratori di errori altrui sono da esecrare ma esecrarli rende esecrabili.

Indirizzi di metodo, per giovani che non ne necessitano (2)



A casaccio per un ripido sentiero, come capita senza eccezione, chiedersi con amorevole curiosità e privi d'angoscia quanto indietro sia necessario risalire per trovare almeno l'ultimo degli innumerevoli bivi in cui chi vi ha lasciati lì ed è sparito abbia, ragionevolmente, sbagliato strada.

Indirizzi di metodo, per giovani che non ne necessitano (1)



Partecipare alla corsa senza por cura all'eventualità che, con serenità incontenibile, se ne tagli il traguardo fuori tempo massimo. 

Linguistica candida (2): Sistema, ordine e variazione

Sistematico suona per qualcuno come 'ordinato'. A fare un sistema generatore di note di armonia, com'è quello della lingua, l'ordine serve a poco però senza la variazione. 
Nella lingua, non c'è variazione che non sia in funzione di un ordine. Non c'è ordine che non sia in funzione di una variazione. Dove manca la sua relazione con l'ordine, la variazione è il nulla della non-nascita. Dove manca la sua relazione con la variazione, l'ordine è il nulla della morte.
Metafore, certo. Ma chi non amerebbe dire che è così anche della vita, la morale e la materiale?

19 maggio 2013

A frusto a frusto (59)




Nell'istante in cui una spiegazione t'è richiesta come indispensabile non val più la pena darla. Nell'istante in cui una spiegazione t'è proposta come indispensabile non val più la pena ascoltarla.   

11 maggio 2013

A frusto a frusto (57)



Tanto inorgoglisce essere esclusi da certi noi quanto infastidisce (e talvolta oltraggia) sentirsi inclusi in altri.

9 maggio 2013

Linguistica epidemica: Ur-ca!



Il focolaio.

Il contagio in tedesco.

E quello in italiano.


Franz Bopp, buonanima, sorride.

Cronache dal demo di Colono (12): Singapore





Come la sciocca Parigi del cuore dell'Ottocento, la Singapore di oggi, forse altrettanto sciocca, ha già o avrà presto un Gustave Flaubert per riscattarsi? 






[Profetica di quanto sta accadendo e del suo modo di accadere un'innocente canzonetta del 1972. E, con la profezia, l'oggi.]

Linguistica candida (1)

Chi, per professione o per diletto, s'interessa (e talvolta si appassiona) alla lingua, bisognerebbe avesse una qualche consapevolezza del fatto che il suo studio non è facilmente disposto verso uno sviluppo e un progresso: almeno quanto al suo fondamentale strumentario concettuale. Che poi è quasi tutto.
Non per mera ed arbitraria denominazione ma per individuare dati ed enti linguistici con loro proprietà specifiche e positive, da quanto tempo possessivo è 'possessivo'? Neutro è 'neutro', maschile è 'maschile' e femminile è 'femminile'? Da quanto attivo è 'attivo' e passivo è 'passivo'? Almeno dal tempo in cui atomo era 'atomo', cosa che invece (e non da ieri) esso non è più.
Apollonio si chiede allora se non sia così per necessità. A differenza di quanto è accaduto con la materia (o con la vita) e relative discipline, sarà perché, della lingua, da così gran tempo si è già capito tanto bene cosa e come essa è, che non è proprio il caso che ci si muova da quel bagaglio di concetti. Essi la descrivono in essenza, da sempre e per sempre: per farne scienza del giorno, secolo dopo secolo, decennio dopo decennio e, adesso, anno dopo anno (con relativa fresca bibliografia), basta acconciarli alla mutevolezza dei tempi con le riverniciature del caso. Insomma cambiar tutto per non cambiare niente.
Se è così di necessità, però, perché non pensare allora che è anche meglio così? Il punto di vista è noto e ben illustrato da tempo. Se il mondo in cui accade di vivere è così di necessità, esso è di necessità sempre il migliore dei possibili. Anche la linguistica in cui ci si imbatte sarà quindi, di necessità, sempre la migliore delle possibili. Non mancano le ragioni di ottimismo: "cauto", come pare sia oggi necessario dire, per navigare nello stretto tempestoso che divide sfacelo palese e nebulosa speranza.
Apollonio se ne dichiara affatto convinto: la corrente è la migliore delle linguistiche possibili. E se ne dichiara contento, a scanso di equivoci e per non passare (già con se medesimo prima ancora che con i suoi cinque lettori) per l'ennesimo token del type di demente che nelle vignette d'un tempo era impersonato da un Napoleone (gli emblemi della Modernità erano ancora trasparenti: ora, appunto, non lo sono più).
Non perché si voglia riformare, allora, o migliorare qualcosa, ma solo per tenere in libero e gratuito esercizio la mente, capita si rifletta in queste piccole prose su concetti di base della scienza della lingua e su termini correlati. Magari per capire, come si sa e può, cosa si fa quando li si pratica coltivando il proprio orto: piccolo e privato.
Le risorse per tale riflessione, lo si sa, sono quelle di una linguistica candida, molto alla buona, per niente dottrinale. Le risorse intuitive del semplice parlante. Di altre, Apollonio non dispone: "la perspective du locuteur".
Pare del resto fosse proprio questa l'idea di Ferdinand de Saussure, per la sua linguistica: un'isola che non c'è e le cui spiagge, perciò, restano incontaminate.

7 maggio 2013

A frusto a frusto (56)




L'esperienza umana non è infinita ma fuori della lingua è o, meglio, sarebbe indefinita: la lingua la definisce e le dà forma, per relazioni e differenze.

1 maggio 2013

A frusto a frusto (55)




Basta essere certi di sapere dove ciò che è bello, vero, buono si trovi per rendersi impraticabile la via che vi tende.

[Alla riverita memoria di Edward Sapir]