L'immagine che sta in fondo a questo frustolo circola da un paio di giorni nelle reti sociali. Si tratta di una classe, Apollonio non sa di quale scuola, di quale ordine e grado. Studenti e studentesse di tale classe si sono messi e messe in posa, com'è manifesto, per rappresentarsi nell'atto di leggere un libro, lo stesso libro.
È ragionevole che determinazione o perlomeno coordinazione della rappresentazione siano da attribuire a un o a una docente. E c'è da ritenere che lo scatto sia del o della docente e che sia opera sua il successivo invio della foto a chi, dirigendo una nota manifestazione culturale, l'ha poi resa pubblica.
E l'ha fatto, dicendo di avere frattanto ricevuto immagini simili anche da altre "scolaresche", a corredo di una campagna di promozione di quella manifestazione. La campagna ha appunto comportato un'operazione benemerita: la distribuzione gratuita, presso un certo numero di scuole, di alcune migliaia di copie del libro nella cui lettura quei e quelle giovani simulano di essere immersi e immerse, singolarmente o a gruppi di due.
Il libro, si apprende, è La peste di Albert Camus e Apollonio non può trattenersi dal pensare che, anche con le migliori intenzioni, anche a palese fin di bene, lo scrittore francese e la sua opera non meritino di trovarsi coinvolti in siffatte ritualità e, soprattutto, nella correlata messa in scena pubblica.
Fare circolare, dandole enfasi, un'immagine in cui ragazzi e ragazze tengono aperto tutti e tutte lo stesso libro, quasi si trattasse di un testo autorevolmente, se non autoritariamente raccomandato, e si rappresentano nell'atto di una sua improbabile lettura, può forse corrispondere bene a illustrare lo zelo del o della loro docente e il suo desiderio di costruirsi qualche giustificabile merito, può forse fare apparire "etiche" (come si usa dire oggi) le pratiche comunicative di un'encomiabile intrapresa che della cultura, si badi bene, fa tuttavia e in ogni caso commercio.
Ma, pur come minuscola evenienza di un clima morale e civile, la riduzione della figura di Camus e del suo romanzo che inevitabilmente si accompagna a un simile e pur momentaneo allestimento pare ad Apollonio un autentico rovesciamento dei valori che scrittore e romanzo testimoniarono, in un'epoca di tragiche contrapposizioni e di dolorose battaglie, e continuano ancora a testimoniare, per una prassi della solidarietà umana capace di sentire tuttavia come sacra e inviolabile la libertà individuale.
Non c'era posa in Camus (Apollonio, probabilmente illuso, continua a pensarlo), non c'era invito a fare di un libro, tanto meno di uno dei suoi, il pretesto di un rito per una rappresentazione collettiva, anche modestissima. A ragazzi e ragazze, nei fatti e non a parole, è forse quello che oggi bisognerebbe anzitutto fare intendere: