Perché una tendenza linguistica (soltanto linguistica?) prevalga, che sia cretina è pressoché indispensabile. La cretineria è assicurazione di successo nella società dei parlanti (solo dei parlanti?).
Non si creda però che la cretineria non prevalga anche individualmente in chiunque parli. Ciò accade non solo perché, fuori del tempo, essa è dote personale universalmente umana, ma anche perché, se è intelligente o, meglio, se tale si giudica, non c'è essere umano che non tenga non tanto a mettersi linguisticamente al pari con la società, quanto a farle addirittura da avanguardia.
Il moderno ceto intellettuale è in proposito esemplare. Da esso emanano appunto le innovazioni: per fare solo un esempio, nelle sue chiacchiere, raccontare dilaga e sommerge il modesto e referenziale dire, lo specifico e diversamente impegnativo spiegare e altre eventuali scelte.
È così che, con il mutamento linguistico, a quel (raramente simpatico) pasticcione che è appunto l'essere umano e che, sine ira et studio, sarebbe forse da definire un quasi perfetto cretino, non manca mai l'occasione per un rinnovato esercizio della sua principale dote, sulla via indefinita della sua storia. Infinita, la storia, non la si può certo dire: come ogni individuo che ne fa parte, un giorno anche la specie perirà. Dove andrà allora la lingua, nessuno lo sa. Come la vita, tornerà donde è venuta?
E, per concludere un frustolo che (inutile pensare di nasconderlo) è esso stesso prova della fondatezza del suo argomento, è così che il mutamento linguistico (solo il linguistico?) va guardato come ineluttabile: con animo compassionevole e, al tempo stesso, ammirato. Mai con lo spocchioso timore che porti verso il peggio, come fanno non tanto i conservatori, quanto i reazionari, mai con la violenta illusione che porti verso il meglio, come fanno i progressisti entusiasti.
Che poi tale criterio valga soltanto per la lingua e i suoi mutamenti, come si è visto, qui non lo si giura.