Oggi, prima pagina dell'organo di stampa della Confindustria italiana, titoletto in rilievo del sommario: "Febbre suina, è pandemia / Otto casi accertati a New York". Evidente auto-satira, dice Apollonio a se stesso. Ed efficacissima. Si può solo ridere e lo fa, prima che una meritata febbre (ma la sua sarà asinina) se lo porti via.
Gli industriali (o chi degnamente li rappresenta nell'arena dell'informazione) vogliono dimostrare che anche per loro i numeri non contano, riflette. Poi ci si lamenta della crisi economica, conclude: non c'è più nessuno che, sapendo far di conto, abbia il minimo senso delle proporzioni. Non si tratta infatti di un vero e proprio titolo "tossico"?
Poi ci ripensa, però. Come tutte le istituzioni umane, l'Organizzazione Mondiale della Sanità, fonte della notizia, deve di tanto in tanto trovare un pretesto che ne giustifichi l'esistenza e, allo scopo, ai "polli" ha associato adesso i "porci", nella certezza che il loro numero è considerevole.
Per quella strana virtù che hanno le parole e il linguaggio, alla memoria di Apollonio si riaffaccia allora un concerto palermitano di Giorgio Gaber, or sono sette lustri almeno. E quel ritornello, con la sua icastica definizione: "...son tutti dei porci, più sono grassi e più sono lerci. Più son lerci e più ci hanno i milioni...".
Per ragioni biografiche (non val la pena di precisarle qui), l'attuale direttore dell'organo di stampa della Confindustria italiana non può essere immemore di quel concerto e di quel ritornello: Apollonio lo sa. Gli risuonerà nell'orecchio, come accade ad Apollonio medesimo.
Ecco allora la ragione di quel titolo: il direttore dell'organo di stampa della Confindustria si sarà sentito in dovere di dichiarare lo stato di allerta. Per i lettori d'elezione del suo giornale, anche se si tratta di otto casi a New York, la febbre suina è tema del massimo rilievo.
Apollonio fa atto di contrizione. Si stava sbagliando. Il titolo non è "tossico": è informazione. E della migliore qualità.
Dieci giorni dopo, una chiosa gustosa: stampa e tv hanno sostituito a "influenza suina", prima "nuova influenza", adesso "influenza A". Le vie della correttezza politica sono infinite e ad aprirle possono anche contribuire, per interesse, gli allevatori di maiali, che vedono crollare le vendite di prosciutti. Apollonio gongola. L'intuito non l'aveva tradito: "suina" tocca un punto dolente e, per percorsi impensati, porta dritto allo scontro tra costumi e civiltà.
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