18 aprile 2010

Oggetto con preposizione

Nell'orale dei colti, l'oggetto con preposizione è comune non da oggi. Nello scritto, ad Apollonio, non era invece mai accaduto di registrarne una ricorrenza come quella che sta oggi a p. 49 del supplemento culturale del Sole 24 Ore, sotto la penna di Carla Moreni: "A noi oggi spaventa il titolo, ostico. Ai nazisti, negli anni Trenta, il contenuto, l'originalità della scrittura, l'indipendenza dell'autore rispetto al regime. Di fatto Die Gezeichneten (si pronuncia ghe-zaich-ne-ten) del viennese Franz Schreker, messa al bando come musica 'degenerata' (si pronuncia 'follia-degli-umani') arriva solo oggi in Italia, in prima esecuzione al coraggioso Teatro Massimo di Palermo".
C'è naturalmente, in questa ricorrenza, tutto quello che si trova, di norma, in altre e che funge da condizione adiuvante: il predicato psicologico (spaventare), il pronome personale (noi), su cui s'addensa l'enfasi dell'apertura del nesso. Di specifico, c'è il fatto che il modulo ha la forza di proiettarsi, per ellissi, nel nesso successivo, producendo ai Nazisti: pollone nominale di un rizoma sintattico, che esorbita dal consueto e apre un fronte di crescita per l'oggetto con preposizione in un registro di lingua che più corrivamente snob sarebbe difficile immaginare e che, per questa ragione, registra meglio di ogni altro la tendenza. Tutto avviene fuori dell'influenza di varietà centro-meridionali che invece produce nel sub-standard fenomeni solo in apparenza eguali.
Ad usum di storici della lingua del futuro (se la lingua avrà storici, nel futuro).

12 aprile 2010

"Tutti altoatesini"

Nel momento in cui Apollonio scrive questo post, l'edizione on-line del maggiore quotidiano italiano porta, come principale, il seguente titolo: "Merano, frana sul treno dei pendolari. Nove morti, tutti altoatesini". Fosse successo nei pressi di Tradate (il Cielo ne scampi i tradatesi, naturalmente, come ogni altro essere umano), il Corriere avrebbe sentito il dovere di precisare: "Tutti lombardi?" E se nei pressi di Fara in Sabina, "Tutti laziali?"
Per implicito riferimento, l'infelicissima espressione ricorda la formula in uso in occasione di tragedie foreste: "...tra le vittime non si contano italiani". Ci si commuova, nei tinelli nazionali dove risuonano lingua e dialetti del sì, con un sospiro di sollievo: gli italiani stavolta ci sono ma "tutti altoatesini".

Ultimissime: alle 23.10, "tutti altoatesini" è scomparso dal titolo, come c'era da augurarsi facesse, per carità di patria.

11 aprile 2010

"Quando c'è la nebbia, non si vede"

La particella italiana generalmente detta riflessiva (e, quando non riflessiva, impersonale) è emblema di una sorta di Malström fenomenico. Il gorgo ingoia costruzioni differenti, tutte "colpevoli" però d'essere passate da un collasso funzionale, modularmente diverso, di soggetto e oggetto diretto. Dopo averle ingoiate, sputa in superficie un ambiguo e sparuto relitto: si o, nel caso di soggetto grammaticale diverso dalla terza persona, singolare o plurale, mi, ti, ci, vi, prefissi del verbo, variabili esattamente come le sue desinenze personali. Meglio di come mai potrebbe Apollonio (fioco per lungo silenzio: ma di ciò, forse, un'altra volta), lo illustrano Antonio e Peppino Caponi, in un famoso gag tratto da Totò, Peppino... e la malafemmina, film di Camillo Mastrocinque del 1956: