Compare e ricompare, nelle reti sociali, la foto di un espositore di un'importante casa editrice che, tra i tanti in questi giorni disposti per la manifestazione commerciale "Tempo di libri", si afferma sia consacrato alla "Linguistica". La foto è preziosa testimonianza del tempo che stanno appunto attraversando i libri, quanto alla linguistica, dalla prospettiva del mercato.
Alla sua vista, è impossibile impedire a un aforisma di risalire dal profondo luogo della memoria dove si conservano le parole più rivelatrici. Quei libri rendono tali parole limpidamente presenti alla coscienza e, visto che appunto di faccende commerciali si tratta, proferirle diventa doveroso: "La moneta cattiva scaccia la moneta buona".
Alla sua vista, è impossibile impedire a un aforisma di risalire dal profondo luogo della memoria dove si conservano le parole più rivelatrici. Quei libri rendono tali parole limpidamente presenti alla coscienza e, visto che appunto di faccende commerciali si tratta, proferirle diventa doveroso: "La moneta cattiva scaccia la moneta buona".
L'aforisma condensò, pare, l'esperienza del mondo di Thomas Gresham, mercante e banchiere inglese del Cinquecento: in Francia, Montaigne gli era contemporaneo e, in patria, stava arrivando il tempo di Shakespeare. Lo si ricorda qui, per richiamare, nello spirito dei due lettori di Apollonio, la consapevole maturità culturale di quel tempo, che non era appunto da poco.
In ogni caso, a Gresham il motto è attribuito. Naturalmente, quando è attribuito, perché di norma circola (si potrebbe dire: giustamente) come espressione di un'anonima saggezza, cui le temperie calamitose invitano sempre ad attingere per orientarsi con seria serenità.
O con sferzante ironia, come, proprio comparando il corso delle monete con temi civili e culturali, fece già Aristofane, ad Atene e tra il quinto e il quarto secolo prima dell'Era cristiana. Un commediografo di un altro tempo culturalmente maturo che molto ante litteram si procurò imperitura fama d'essere politicamente scorretto e oltremodo divertente.
In una traduzione ottocentesca, ecco in proposito un celebre passaggio delle sue Rane: "Coi probi cittadini parmi che Atene | usi come coi vecchi e nuovi nummi. | Poiché sebbene adulterati quelli | stati non sono, e sien dei nummi i primi | di conio vero e di provato suono, | fra i Barbari non men che fra gli Elleni, | pur valersen non vuol ma bensì adopra | gli altri che bronzo sono, or or coniati, | e di peggiore impronta".
Che tempi, insomma, quelli di "Tempo di libri" (e forse non solo per la linguistica).
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