30 gennaio 2019
6 gennaio 2019
Lingua loro (40): Posizione
Nell'espressione di coloro che spingono la lingua del sì verso il suo futuro non c'è più posto per posto. O perlomeno (e più precisamente) per quel posto cui l'ideologia della piccola borghesia nazionale (soprattutto, ma non solo la meridionale) aveva concesso, fino a pochi decenni or sono, grande posto, oltre che valore da feticcio, quanto alla riuscita di una vita personale.
Posto: "Impiego, ufficio che costituisce l'occupazione abituale e da cui si traggono, in tutto o in parte, i mezzi di sostentamento", recita il Vocabolario on line dell'Istituto dell'Enciclopedia italiana. Trovare un posto, anzi, con articolo determinativo come marca di una classe, se non come stigma d'antonomasia, trovare il posto era coronamento e apoteosi di una giovinezza ben spesa, magari alla ricerca di una valida raccomandazione. Ed era premessa indispensabile per l'accesso all'età adulta, con matrimonio, paternità o maternità, acquisizione di un tetto e così via come accessori: in quanto tali, tutti garantiti, tutti resi possibili dal perno del posto, soprattutto se fisso.
Troppo pesante, com'è facile intendere, il fardello di implicazioni socio-culturali che un posto così inteso aveva da portare (ancora di più se fisso) quando, pochi anni or sono, s'è trattato di resistere all'attacco della fresca e mobilissima posizione: qualcosa che, se ti va bene e riesci a prenderla, devi sempre essere pronto a cambiare, se non vuoi passare per anchilosato, e che mantenere comporta abilità da provetto equilibrista.
Posizione è dunque la parola giusta per lo stato dell'attuale vita sociale. Ovvio che rubasse il posto a posto nella comunicazione d'oggidì. Questa chiede infatti incessantemente ai suoi destinatari di mettersi nella giusta posizione per prenderla in quel posto.
Lo scontro che, in quattro e quattr'otto, ha visto posizione guadagnare posizione dopo posizione e infine sbaragliare posto non s'iscrive d'altra parte in una guerra civile. Così potrebbe pure parere: parola italiana contro parola italiana. Ma le apparenze ingannano. Si è trattato infatti d'un episodio, tra gli innumerevoli, di un'invasione straniera. Quella a proposito della quale s'odono gli strepiti degli xenofobi, si ponga, contro /lō'kāshǝn/ (trascrive così il Webster's New Collegiate Dictionary). Improbabile che, a quest'ultima, l'uso italiano sostituisca locazione, come calco. A /pǝ'zishǝn/, perché di ciò in effetti si tratta, l'uso ha invece rapidamente sovrapposto posizione, proprio come calco. E posizione ha preso posizione, indisturbata, in scritti e discorsi. Dà infatti a essi il giusto aroma up to date, senza fare scandalo, ben camuffata com'è sotto panni italiani.
Un esempio a casaccio. In una lettera circolare d'informazione, persino l'un tempo vigile Associazione degli storici della lingua italiana (vi militano peraltro non pochi illustri accademici della Crusca) non si perita di scrivere di "un bando per una posizione di assistente di ricerca": prona? Non è da escludere.
Come si vede, si tratta esattamente della posizione in cui si trova ormai sepolta la salma illacrimata dell'italico posto, calpestato, com'è stato, da un tallone straniero, vilmente dissimulato sotto false apparenze.
1 gennaio 2019
A frusto a frusto (119)
Chissà se a un tempo riluttante a fare promesse si può almeno chiedere di non compiere tutte le sue minacce.
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