Muore più di una celebrità al giorno, ormai. Anche questa è inflazione. Un fenomeno loquace, se lo si sa ascoltare.
Anzitutto una precisazione: non è qui questione di celebrità come l'intendevano gli antichi. Allora, una celebrità, come molto altro, non si produceva. Semplicemente accadeva. E tale accadimento era raro e singolare: autentica epifania di un sovrumano piegatosi a riscattare dalla morte chi, per definizione, era un mortale. Naturalmente solo dalla morte morale, considerata appunto l'ineluttabilità della materiale.
Qui è invece questione di celebrità come esse si caratterizzano a partire da un'epoca in cui sono divenute oggetto di una specifica produzione: prodotti tra i tanti, materiali e no, di un ciclo economico specifico.
Grosso modo, la produzione di celebrità comincia con il Secolo breve ed è correlata con l'affacciarsi sul palcoscenico della storia delle società di massa. Produzione di celebrità e affermazione dell'industria del divertimento (e della distrazione) di massa, come fenomeno economico di grande importanza, andarono di pari passo. E se fino a un certo punto le celebrità vennero prodotte sotto un marchio di eccezionalità e adducendone i relativi pretesti, da un certo momento in avanti, come in molti altri settori commerciali, la produzione mirò a un netto abbassamento dei vecchi standard. All'industria della celebrità ciò fu utile per gettare sul mercato, a ciclo continuo, celebrità di basso o infimo rango, in ogni settore della vita pubblica, pronte a essere continuamente rimpiazzate e fruibili anche ai livelli minimi di competenza dei consumatori e delle consumatrici.
Questo modello di produzione debuttò negli anni Cinquanta del secolo scorso e si mise presto a regime. Negli ultimi decenni, come in altri settori economici, anche il modello industriale della produzione di celebrità di bassa lega è diventato obsoleto e, a produrre in modo incontrollato e incontrollabile celebrità proprio qualsiasi è lo stesso brodo di coltura in cui è immersa la società. Il consumo di celebrità è così divenuto tanto rapido da potere essere definito parossistico: un chiasso seriale che sforna celebrità, rendendone il numero straripante e, in linea teorica, esattamente pari al numero degli esseri umani che continuamente transitano per il mondo, come un acuto osservatore, anticipando i tempi, disse or sono già parecchi decenni.
Abbandonate o no, le numerosissime celebrità create dal momento in cui la produzione e la fruizione si sono semplificate e gli standard si sono abbassati vengono adesso in gran numero verso l'età in cui agli esseri umani capita di dire addio al mondo. Gli anni passano e se ne vedono gli effetti. Frotte di (un dì) noti e (un dì) note muoiono.
Ecco perché giorno dopo giorno c'è chi ne approfitta per fare ancora un po' di chiasso sulla dipartita di qualche persona sulla quale, in anni più o meno lontani, di (sovente irragionevole) chiasso era accaduto se ne fosse già fatto: il costume dell'epoca impone siano peraltro commemorazioni sempre intrise di tenerissime memorie e di stucchevoli sentimentalismi.
[Il giorno dopo. Or sono più di tre anni, il fenomeno che fa da tema o forse da pretesto a questo frustolo era stato colto e finemente analizzato in
uno scritto di Stefano Bartezzaghi. Il torpido spirito di Apollonio macina lentamente e grossolanamente le intermittenti impressioni che gli suscitano, nella sua lontana Citera, le espressioni del mondo e spera che la
défaillance gli sia perdonata.]