Non abbiano paura i due lettori di Apollonio. Non sono stati venduti come innocenti vittime sacrificali ad un'agenzia di pubblicità. L'immagine a fianco riproduce l'etichetta di una bottiglia peraltro già bevuta e vale come segnalazione, qui, di lavoro linguistico ben fatto. Chi ha battezzato questo nuovo vino di una tradizionale azienda siciliana, l'ha pensata bene e se gli fosse capitato per caso, ancor meglio. L'esser favoriti dalla fortuna è segno di elezione.
Il nome Sciaranèra sa di siciliano lessicalmente: ma ciò sarebbe banale. Una sciara è nell'isola un accidentato pendio di detriti, d'elezione vulcanici. Ma il nome sa di siciliano in maniera molto più sottile ed allusiva. In quel modo che ai siciliani piace moltissimo esibire con discrezione quando si trovano ad avere commercio con "continentali" che vogliono sedurre. Apollonio ricorda un illustre clinico siciliano che a casa sua, a Roma (s'era negli anni Sessanta del secolo scorso), nella sua conversazione coi sodali intercalava allusioni linguistiche al modo che ha oggi reso ricco Andrea Camilleri. E la formula: "E chi è siciliano mi capisce...", per rendere a tutti desiderabile, col premio della complicità, il diventare (almeno un po') siciliani.
Ebbene, qui l'allusione sapida e (come tutte le allusioni sapide) a suo modo dotta sta nell'accento. È ovviamente néra in italiano (cioè con e chiusa) la forma dell'aggettivo che l'etichetta del vino siciliano declina come nèra, cioè al modo con cui i Siciliani che s'esprimono in italiano proferiscono tutte le e toniche, facendole aperte.
Pronunciare Sciaranèra (come l'etichetta invita a fare) invece di Sciaranéra fa insomma italiano in bocca siciliana. Si può chiedere di più alla malìa allusiva del nome commerciale di un vino? Basta proferirlo e si ha la Sicilia sulle labbra.
Lascino allora i suoi due benevoli lettori che Apollonio si illuda che le peregrine nozioni filologiche impartite a qualche discente delle lauree di comunicazione, sotto la forma della costruzione (consapevole o inconsapevole) del nome proprio di un vino, gli facciano l'occhiolino dall'etichetta di una bottiglia: "...sin dove potevano vedere la sciara nera e desolata, sporca di ginestre riarse..." (G. Verga, Rosso Malpelo).