Sui mezzi di comunicazione italiani imperversa e rumoreggia una coppia onomastica. Ne è arrivata un'eco anche nella lontana e silenziosa Citera di Apollonio, che si è affrettato a mettere in opera, all'uopo e per averne contezza, un motore di ricerca, con risultati, prima che imponenti, "da spavento" (la citazione è letterale).
Ulisse segue, nell'ordine, Scipione, Caronte e Minosse. Il Drago africano, anche nella variante priva dell'articolo determinativo Drago africano (che fa ancora di più nome proprio), si affaccia invece per la prima volta sullo scenario delle bibliche calamità che impongono agli abitanti della penisola e delle isole le inenarrabili sofferenze della calura. D'agosto, per giunta!
C'erano un dì, nell'effimero tempo moderno dell'aspirazione a una risibile razionalità, le alte pressioni estive e i venti da Sud. Era l'epoca di ferro d'una disumana freddezza, in cui anche del vaticinio meteorologico si pretendeva di fare una prassi sperimentale, se non scientifica. Era il tempo dei bollettini, in cui, al massimo, si azzardava, d'agosto, un pudico solleone (parola ormai desueta) e in cui le presunte cose comuni si designavano con banali nomi comuni. Così, anzitutto, sui mezzi di informazione, risentiti campioni dell'empito della conquista di una calma razionalità, di una precisione espressiva. L'informazione e la sua lucida intelligenza dei fatti erano anzi abbagliante bandiera agitata in faccia ai cosiddetti oscurantismi animistici dei miti, delle fedi, delle religioni, al personalismo, ritenuto fuorviante, falso e perverso, di ogni ancien régime.
Quell'evo gelido e senza cuore s'è finalmente chiuso. Quella glaciazione dei sentimenti e delle passioni climatiche è terminata. Il vaticinio, anzi, il bollettino meteorologico è tornato ciò che deve essere: profezia. Preferibilmente, di sventura. Ora tutto è caldo. È già caldo quando fa freddo. Ci si figuri com'è caldo quando fa caldo. Nel calore, nomi propri e antonomasie riconquistano il loro grande potere rivelatore ed evocativo. Riconquistano così ciò che loro è dovuto: il primo piano. A infliggere il tormento di torridi raggi di sole alle contrade italiane, dopo Scipione, Caronte e Minosse (queste due ultime, peraltro, creature dantescamente infernali), sarà l'implacabile, mille volte maledetto Ulisse, l'Anticiclone, che già a dirlo, quasi fosse l'Anticristo, fa paura. Egli sguinzaglierà per sopraggiunta, come vento, la sua bestia immonda e dal fiato rovente: Drago africano.
Tra le fiamme di tale inferno, Italiani, battete i denti e tremate (considerata anche la temperatura cui certamente regolerete i vostri condizionatori d'aria)!
Sullo sfondo, per fortuna, l'evolversi impersonale, imperturbabile e grandioso dei mercati (nome comune: mai nessuno, con nome proprio, cui poter lanciare un sentito e sonoro "figlio di..."). La loro osservazione è consolatrice delle ambasce climatiche, come può essere la serena osservazione d'ogni fatto della natura autentica, cui l'uomo e anche le nazioni devono arrendersi, ammirandone, anche se sofferenti, l'imperscrutabile disegno.