"...ma sì, usiamola, la parola abusata. Questa trasmissione è la metafora dell'Italia, è la metafora di noi stessi...": se si ha la pazienza di attendere un paio di minuti (annuncio pubblicitario incluso: Apollonio se ne scusa; gli è mancata la voglia di armeggiare per fornire ai suoi lettori solo il succo) negli ultimi secondi di questo breve video, un parlante cólto (e, sullo specifico tema, qui già còlto sul fatto) mostra di avere consapevolezza di lasciarsi andare a un abuso.
È questa la condizione, paradossalmente permanente, del mutamento linguistico, almeno (ma forse non solo) nella sua fattispecie lessicale: alle parole, quando le si fa muovere, si fa ineluttabilmente violenza e la lingua che cambia, comunque ci si voglia atteggiare quando se ne cavalca o se ne segue il cambiamento, "non è un pranzo di gala".
Lei sottovaluta il sottile potere di suggestione che la Sua seconda persona, in segreta combutta con la Sua prima, esercita persino sulle menti più raffinate ed avvedute.
RispondiEliminaFortuna -- per Lei prima di tutto, ma non solo -- che siamo in regime democratico e che la nostra lingua non si lascia facilmente ingabbiare in ideogrammi, ben più rigidi, solenni e intransigenti di metafore, sinnedochi, metonimie e antonomasie.
Con autentico sollievo, Sua Licia.
Sarà come dice, simpatica e pungente Lettrice. Forse è Lei però a sopravvalutare Apollonio, che, come sa, dispone per se medesimo solo di una terza persona.
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