"Dopo aver camminato una mezza giornata [Pinocchio, il Gatto e la Volpe] arrivarono in una città che aveva nome «Acchiappacitrulli». Appena entrato in città, Pinocchio vide tutte le strade popolate di cani spelacchiati, che sbadigliavano dall'appetito, di pecore tosate che tremavano dal freddo, di galline rimaste senza cresta e senza bargigli, che chiedevano l'elemosina di un chicco di granturco, di grosse farfalle, che non potevano più volare, perché avevano venduto le loro bellissime ali colorite, di pavoni tutti scodati, che si vergognavano di farsi vedere, e di fagiani che zampettavano cheti cheti, rimpiangendo le loro scintillanti penne d'oro e d'argento, ormai perdute per sempre.
In mezzo a questa folla di accattoni, di poveri vergognosi passavano di tanto in tanto alcune carrozze signorili con dentro o qualche volpe, o qualche gazza ladra o qualche uccellaccio di rapina".
Di "paese", nell'opera di Collodi, c'è invece quello "dei Balocchi", celeberrimo. E sarà per analogia che, in una gazzetta, capitava per esempio di leggere: "Nel Paese dei Balocchi, che di norma va alle urne insieme al limitrofo Paese di Acchiappacitrulli...". Una grossolanità comprensibile in quella sede.
Meno trascurabile, per lo spirito del filologo, è che il fantasioso toponimo Acchiappacitrulli abbia sì, come merita, una voce nel prezioso Dizionario dei luoghi letterari immaginari, ma vi sia lemmatizzato come "Acchiappacitrulli, Paese di.". Nella voce si legge poi che "Carlo Collodi [...] nel romanzo Pinocchio descrive con questo nome un immaginario paese nel quale Pinocchio denuncia il furto..." e, più avanti, che "Il giudice del paese di Acchiappacitrulli [...] dà ordine di catturare Pinocchio e di metterlo in prigione".
Quanto alle registrazioni lessicografiche, Apollonio non è invece riuscito a trovarne una di acchiappacitrulli come nome comune o come aggettivo né sul Grande dizionario della lingua italiana né sul Grande dizionario italiano dell'uso. Sua insipienza? Forse: è sempre più anziano e i caratteri con cui sono composte opere siffatte non sono comodi per i suoi occhi. Sarà grato a chi lo correggerà, fosse il caso, o gli segnalerà un'opera lessicografica soddisfacente in proposito. Non va taciuto d'altra parte che una registrazione di acchiappacitrulli potrebbe mancare in tali opere perché per i lessicografi rimarrebbe un regionalismo. In effetti, esso è tale in origine: l'attestazione letteraria lo dice chiaramente. Sottigliezze che chi ha le competenze è eventualmente invitato a definire.
Ambedue gli usi menzionati, il sostantivale e l'aggettivale, sono in ogni caso ben presenti in italiano e non mancano oggi di attestazioni difficilmente qualificabili come regionali. Ecco un caso di uso aggettivale e di funzione attributiva: "Dunque sono cittadini indifesi da tutelare con sanzioni più alte. In sovrappeso e perciò più vulnerabili, tendenzialmente più creduloni, più inclini ad affidarsi al rimedio miracoloso e al prodotto acchiappacitrulli". Ed eccone uno di uso sostantivale: "A Siracusa, ci vuol poco a capirlo, di Archimede se ne fottono. Al massimo lo usano come «acchiappa-citrulli», per intitolar convegni sull'energia pulita e sulle pale eoliche".
Si aggiunge qui un'annosa testimonianza personale. Apollonio ha vissuto luoghi un tempo desueti e tempi ormai andati e ricorda come, in quei tempi sulle pubbliche piazze di quei luoghi, arrivassero venditori ambulanti. Pratica commerciale consueta di costoro era che offrissero a titolo gratuito qualcosa di strabiliante a chi ne acquistava la mercanzia, pagandola profumatamente. Il padre di Apollonio definiva sardonicamente un acchiappacitrulli l'oggetto di quella simulata liberalità. Di acchiappacitrulli, si serviva insomma come approssimativo sinonimo di specchietto per le allodole. Si precisa ad abundantiam che non era toscano. Aveva però un autentico culto per Le avventure di Pinocchio.
Accade così che, forse per riflesso di una pietas filiale, ad Apollonio paiano a pieno titolo acchiappacitrulli, per fare un esempio, le pubblicazioni accessorie, sovente millantate come gratuite o quasi, con le quali, non da ieri, i quotidiani allettano i loro potenziali clienti (ormai molto scarsi, va detto). Se non è vero il contrario ed è il quotidiano il velato acchiappacitrulli che serve a fare commercio del resto. È un caso tra mille, naturalmente, e nemmeno dei più clamorosi e malandrini tra le pratiche economiche, sociali, politiche oggi correnti.
Se di acchiappacitrulli non c'è però traccia sui dizionari (così risulta ad Apollonio, lo si diceva), la circostanza complessiva acquista un'inattesa morale per chi dell'espressione prova a fare ricognizione critica. Ribadisce infatti come latitino talvolta da strumenti ritenuti affidabili per conoscere una temperie le espressioni che meglio la qualificherebbero. In effetti, i presenti sono tempi di acchiappacitrulli e lo saranno ragionevolmente vieppiù i futuri, in una città di Acchiappacitrulli fattasi ormai villaggio globale.
[L'immagine è tratta da un'edizione delle Avventure di Pinocchio, illustrata da Franco Jacovitti e pubblicata da "La Scuola" nel 1960.]