Derubato che fu delle sue monete dal Gatto e dalla Volpe o, per essere precisi, privato che ne fu dalla sua dabbenaggine, Pinocchio corre a denunciare a un giudice scimmione la frode di cui si è fatto vittima, seppellendo le monete perché fruttificassero, dietro suggerimento e alla presenza dei due malfattori.
Dopo averlo ascoltato, il Gorilla spedisce in prigione il burattino. Decisione ineccepibile: del misfatto porta per intero la colpa.
Pinocchio passa in carcere quattro mesi; ne esce per un'amnistia. Vinti i suoi nemici, l'Imperatore ne ha decretata una, aggiungendola a "grandi feste pubbliche, luminarie, fuochi artificiali, corse di barberi e velocipedi".
Per approfittarne, Pinocchio si vede costretto a millantare d'essere anche lui un malandrino. Il provvedimento è destinato ai malandrini e lui, al carceriere, non era parso tale, quindi, come non malandrino, da trattenere in galera. La parola di Pinocchio gli basta però e apre le porte anche a lui. Solo quando si menziona l'amnistia il narratore ricorda a chi legge dove avviene tutto ciò: è la città di Acchiappacitrulli.
Per il dettaglio della vita sociale che a Collodi parve pertinente evidenziare, la città di Acchiappacitrulli non è il rovescio del mondo com'è. Credono così i citrulli. È il mondo proprio com'è, soltanto rivelato a se stesso. Si parva licet..., la città di Acchiappacitrulli è come la Buna-Monowitz descritta da Primo Levi: il mondo come esso è condotto alle sue conseguenze estreme, per tragica o comica ironia.
Delle conseguenze estreme dei modi con cui va sempre il mondo, di norma non si parla. Non è buona educazione farlo e le si lascia implicite. Ma ci sono fasi della vita associata in cui, chissà come, chissà perché, le conseguenze estreme vengono crudamente in chiaro e s'impongono come pratiche quotidiane.
Con educazione, tra il serio e il faceto, la buona letteratura prepara all'evenienza. Chi la intende ha quindi strumenti per capire quando quei momenti si preparano. E quando sono arrivati (perché prima o poi capita), ha il modo di soccombere, dandosi il caso, come chiunque altro, ma perlomeno senza fare la figura del citrullo. Di quel citrullo che, quando le conseguenze estreme se ne stanno acquattate e invisibili, s'illude che esse non ci siano e gli pare così di vivere nel migliore dei mondi possibili.
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