Che un posto così, con le costruzioni (e che costruzioni!) a incombere sopra una derelitta striscia di sabbia, sia potuto divenire, come è divenuto, un luogo meritevole di visite ammirate da parte di frotte di italiani e di italiane (e di qualche forestiere) dice, come significativo dettaglio, di uno sviluppo dello statuto morale della nazione, nell'ultimo quarto di secolo. E lo fa molto meglio di un saggio di storia della cultura o di sociologia.
Per metonimia, dice forse anche della qualità dei fenomeni di cultura di massa che hanno innescato, fomentato, ingigantito tale ammirazione. Sullo schermo e sulla carta, si è trattato di ben congegnate e redditizie affabulazioni capaci di suggestionare e di obnubilare viste e coscienze, anche quanto alla loro medesima stoffa.
Ne è stata impedita la percezione di un degrado che salta brutalmente agli occhi, se ci si estranea un momento e si riconquista la pulizia dello sguardo: ecco infatti uno scorcio di un povero angolo siciliano, come innumerevoli altri, violentato.
Armi di distrazione di massa, insomma, chissà se, ab ovo usque ad mala, solo parassiticamente cresciute su quel degrado o sue attive complici: in ogni caso, di esso ben consapevoli. Non resta che attendere in proposito il chiarimento e il giudizio del tempo.
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A frustolo pubblicato, un cortese lettore rimprovera benevolmente ad Apollonio la vaghezza del riferimento geografico e l'oscurità di quelli conseguenti. L'immagine che segue basterà forse a precisare l'uno e illuminare gli altri:
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