Apollonio non ha in gran pregio la ristorazione pubblica. Forse l'ha affatto in uggia, fuori naturalmente del caso in cui essa si presenta come modesta e benemerita resa di un servizio a chi viaggia e, in genere, a chi non può disporre per qualche ragione di una cucina privata.
Mangiare è rito il cui ufficio, come quello d'ogni altro rito (ivi inclusa la preghiera), soffre naturalmente della solitudine, ma privatezza non è in contrasto con pluralità e ci sono anzi riti alla cui buona riuscita privatezza e (contenuta) pluralità di partecipi sono indispensabili: ridondante specificare quali. Intorno alla ristorazione pubblica, è poi cresciuto da parecchi anni un discorso tanto sbardellato da non celare, nemmeno al più sprovveduto allocco, che di mistificazione si tratta. E ciò non ha certo attenuato le riserve di Apollonio.
Nominalizzazione di un participio perfetto, (il) pescato è divenuta parola tipica del discorso gastronomico, ai vari livelli in cui esso viene proposto: dai menù ai saggi di ermeneutica. Quanto a riferimento, include comodamente tutto quanto, provenendo dal mare, fa da materia prima dell'alimentazione.
La storia di pescato come sostantivo pare tuttavia abbastanza recente: c'è ragione di credere che sia apparso nella seconda metà del secolo scorso; più precisamente in quegli anni Sessanta in cui vedette sensibili al mutamento linguistico segnalarono con prontezza una fase critica (e a loro dire poco commendevole, anche se ineluttabile) dello sviluppo della lingua nazionale.
Il modello è ovviamente antico: (il) raccolto, (il) prodotto. Ma (e qui non si può che riconoscere il fiuto di quelle vedette) ha in effetti trovato modo di proliferare in un registro burocratico-economico-commerciale, cui generalizzazioni e astrazioni del genere fanno ovviamente gran comodo: (il) fatturato, (il) ricavato, (il) venduto, (l')invenduto, (l')immagazzinato, (l')inesitato, (il) ceduto, (l')acquisito e così via. Come al solito, in questione non è la plausibilità del tipo nella lingua di specialità. Rivelatore è invece il suo tracimarne e il suo inquinante sversarsi, per dirla con un neologismo, in un diverso bacino.
Ecco appunto: ogni volta che, nel contesto della ristorazione pubblica e nel discorso che la concerne, Apollonio ode o legge (il) pescato percepisce il tanfo di una contaminazione. Non un buon viatico per accostarsi con i giusti sentimenti al piatto che si pretenderebbe di mettere per lui sulla tavola.
Dovrebbero aggiungere il Surgelato
RispondiEliminaSi può dirla e chi scrive usa dire così: Intolleranza Elementare. Agli elementi cioè della sciocchezza parlante che rivela la povertà del pensare, cioè dell'immaginazione. Popolare, almeno al Sud ( oh la bellezza a Catania della granita "a lei che ce n'mporta" ) Qui tra i monti sogenti usano dire "location interessante" di un ristorante o "proprietari disponibili", dei poveri conduttori di un hotel ( disponibili acché). E sono innumeri le schiere di cuochi, tali o fittizzi, che "vanno ad aggiungere"( dove non si sa) come se la ridondanza aggiungesse sapore o nesso di causalità all'azione di mettere il basilico nel sugo. O forse che il sapore stesse, fosse nella ridondanza. RIcordo bene lo stupore bambino quando appresi da un vicino di casa, persona semplice si sarebbe detta e stupita quanto me, che a Napoli, più di preciso a Pozzuoli, lo specchio era < 'o talequale> e la radio <'a mosica dint'o' cascione>. Il vicino ne era estasiato pur essendo milanese. Meraviglie da far invidia a Borges o Ionesco. Coda sociologica: non sarà che la lingua decada con l'imborghesimento piccino della più piccola borghesia salita agli onori delle vacanze a Sharm (al Sheik)? Non lo so ma lo sospetto. Ricorderà Totò e le sue follie linguistiche:"vivissime vivissime esequie".
RispondiEliminaAlle istruttive aggiunte dello spiritoso Lettore (di sé, dice "bambino": sulle orme, qui si privilegia dunque il maschile), Apollonio fa seguire un ringraziamento: note spassose e meritevoli di riflessione. Le designazioni metonimiche puteolane sarebbero certamente piaciute a Roman Jakobson e avrebbero arricchito il suo repertorio di esempi, tra funzione poetica e disturbi del linguaggio. C'è d'altra parte forse un antico sentore di francese (lingua un dì della haute cuisine) nella generalizzata perifrasi ingressiva che caratterizza l'espressione dei cucinieri didattici e loquaci. E dello specifico dilagare ideologico della piccola borghesia, come certo sa, fu premonitore molti decenni fa Hans Magnus Enzensberger, un autore caro a chi intrattiene questo diario.
Elimina