Fin quando a professare e a praticare un'idiozia sono pochi e poche, può capitare che essa circoli per il mondo mascherata da pregiata originalità. Le basta però diventare popolare (destino quasi inevitabile delle idiozie) perché la maschera cada e si palesi ciò che è stata sin dal suo sorgere: un'idiozia.
22 agosto 2022
21 agosto 2022
Lingua nostra (13): Stagionale
È pieno agosto. Un agosto inclemente, come capita d'essere ad agosto. In un modesto e ancora economico bar della città in cui vive (il quartiere è popolare e intensamente popolato da autoctoni), Apollonio beve al banco il caffè di mezza mattinata e morde un cornetto. Escono frattanto dal retrobottega vassoietti con coppie di cannoli, molto graziosi e, si capisce, anche riempiti sul momento. Sono destinati ad altrettante coppie di evidenti forestieri, seduti ai tavolini di una saletta laterale cui Apollonio, entrando, non aveva prestato attenzione.
Alla cassa, c'è la titolare. Una signora non troppo avanti negli anni ma non giovanissima, ovviamente del luogo. Porgendo le monete del suo piccolo conto, Apollonio le mormora: "Certo che cannoli ad agosto...". E lei di rimando (la trascrizione è impressionistica): "E cci pàrunu puru bùani...", più o meno: 'E li trovano persino buoni'.
Fuori di pratiche del mercato del lavoro talvolta nefande (che tuttavia qualcosa dovrebbero pur dire), stagionale è un aggettivo in disuso e non c'è bisogno che Apollonio dica qui ai suoi due lettori quale siano le ragioni del quasi generale abbandono.
Nell'arsa Sicilia, l'erba dei pascoli riappare con l'autunno inoltrato e solo allora le pecore ricominciano a nutrirsene. Solo da allora la qualità del loro latte comincia a migliorare, dopo la magra estiva a base di mangimi secchi. Il latte tocca l'apice della sua bontà in primavera, quando nascono gli agnelli e di erba, nella Sicilia del pascolo, ce n'è in quantità. Di nuovo, c'è bisogno di dire perché?
I dolci siciliani con crema di ricotta di pecora, tale è il cannolo, ma non solo il cannolo, erano e ancora restano d'elezione primaverili. Ne godevano le feste del periodo e, principalmente, la Pasqua. Passato maggio, la loro stagione terminava. Rigorosamente.
Come il suo ingrediente di base, insomma, il cannolo era stagionale e bisognava attendere perlomeno i primi freddi per vederlo riapparire nelle serie pasticcerie siciliane di un tempo, accompagnato dal commento del pasticciere che personalmente assicurava sull'uso di una ricotta che, senza essere ovviamente la migliore, data la stagione, era fresca e veniva da pascoli di nuovo verdi. Al palato e all'olfatto, la differenza era peraltro evidente.
Trasformati in turisti, i forestieri che ne sanno? Sanno del cannolo e nella loro settimana siciliana, di norma estiva, lo cercano tra le molte altre (false) tipicità. La crescente insipienza dei loro ospiti siciliani non li mette sull'avviso.
Li incoraggiano al contrario interessi commerciali non sempre commendevoli: del resto, se uno sciocco, come è di norma il turista, vuole essere buggerato, come si fa a trattenersi? Ma reso il servizio, in qualcuno serpeggia ancora per fortuna la consapevolezza. E, con essa, la tagliente ironia del non troppo celebre "Bisogna lasciare gli altri nei loro errori", che in una variante popolare suona appunto "E cci pàrunu puru bùani..."
14 agosto 2022
Linguistica candida (63): Incessante riparo al danno incessante
Errori, sciatterie, imprecisioni sono le sorgenti cui attinge il faber, per dirla con Bergson, quando manifesta linguisticamente una disposizione che, considerata la natura dell'essere cui viene attribuita, non ci si può stupire sgorghi (anche. O soprattutto?) da lì.
Più di ogni altro àmbito di ricerca delle discipline morali, il mutamento linguistico ne offre prove: sorgivamente, non di rado errori, sciatterie, imprecisioni. E non dovrebbe esserci studioso del campo minimamente riflessivo esente dalla constatazione e dalla correlata consapevolezza che quanto di sistematico e di regolare è determinabile in tale mutamento, lo è solo perché cade fuori del modesto controllo che gli individui della specie, variamente associati, hanno della loro facoltà espressiva.
Per dirlo con una formula veloce, incessante è lo spassoso e generale riparo che la lingua reca ai danni modesti e inconsapevoli che le procura incessantemente l'umanità.
Malgrado gli esseri umani e soprattutto, tra loro, i dotati di dottrina pensino il contrario, la lingua li padroneggia infatti più di quanto essi padroneggino una lingua o più d'una. E se, in molti aspetti, le lingue in cui si esercitano sono proiezioni di un mirabile sistema, ciò accade non perché, tanto meno affinché, ma sebbene tale sistema si sia variamente incistato nell'umanità.
In fin dei conti nessuno sa né come né come mai.
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