Ogni volta che se ne presentava l'occasione, il signor Homais era applaudito con prontezza o ...il signor Homais aveva applaudito con prontezza: due esempi qui costruiti ad arte e per esperimento, prendendo a pretesto una figura cui l'applauso e la sua ricerca si attagliano alla perfezione.
Nelle due sequenze, è solo la differenza di ausiliare ad attribuire univocamente al signor Homais, nel primo caso, il ruolo, da lui graditissimo, dell'applaudito, nel secondo, quello dell'applaudente, non meno gradito e molto producente. Si tratta insomma di due costrutti che, da qualche millennio, i grammatici chiamano l'uno passivo, l'altro attivo (ma che sarebbe forse meglio considerare come non-passivo).
Passivo e non-passivo o, se si vuole, attivo sono detti diatesi, cioè disposizioni della proposizione. Tra le due sequenze c'è così una differenza di diatesi, manifestata in modo cruciale dalla differenza di ausiliare: tutto il resto infatti è identico (o, forse meglio, così pare). Tra le due sequenze, c'è anche una differenza di tempo verbale: tenendosi sempre alla terminologia grammaticale, il costrutto passivo è all'imperfetto, il non-passivo al trapassato prossimo.
Perché il risultato sia identico, infatti, non basta che l'insieme del predicato verbale sia fatto di un ausiliare e di un participio, come in apparenza è fatto in ambedue i casi: aveva applaudito, era applaudito. La somma d'un ausiliare e d'un participio non dà evidentemente sempre il medesimo risultato, perché possono essere diversi i loro valori. I valori dipendono dal tipo di ausiliare, dal tipo di participio e, a dirla meglio, dall'insieme sistematico in cui l'uno e l'altro, sommandosi, si trovano a ricorrere e si determinano.
Restando alle apparenze, ...il signor Homais era apparso con prontezza somiglia certo più all'esempio con era applaudito che a quello con aveva applaudito. Quanto alla categoria del tempo, tuttavia, era apparso è trapassato prossimo come aveva applaudito e non imperfetto come era applaudito; e quanto alla diatesi, a differenza del passivo era applaudito, era apparso è non-passivo come aveva applaudito.
Ecco allora un buon esempio, tra i mille e mille, di quel dissidio sistematico (e per niente caotico) tra funzione e forma che i parlanti gestiscono alla perfezione, fin quando lo fanno inconsapevolmente. I tentativi di consapevolezza li mettono in crisi, invece, soprattutto quando tali tentativi sono ingenui.
Parlanti e loro tentativi di capirsi sono in effetti ingenui se orientati dal pregiudizio (condiviso peraltro da non pochi specialisti) che, nella lingua (almeno nella lingua, se non nella vita), tutto ciò che pare identico deve esserlo e che, se non lo è, ciò accade per via di qualche capricciosa violazione dell'ordine dell'universo, probabilmente connessa con l'involontaria uscita degli esseri umani dall'Eden, a séguito di un noto primo incidente con lo scarto tra l'essere e l'apparire.
Per la salvezza del sonno, bisogna allora che, a ogni costo (anche a quello della perdita dell'intelligenza), si provveda in tali casi, se non a un impossibile ripristino dell'uniformità (alla lingua poco importa di cosa pensano parlanti, grammatici e linguisti), almeno alla cieca imposizione di un'apposita norma: "Si fa così e basta: inutile farsi domande". Proprio il contrario dell'attitudine di ogni buon linguista da strapazzo.
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