29 dicembre 2017

Ancora con Giuseppe Tomasi di Lampedusa: cose italiane che non cambiano

Dall'Ottocento in avanti, diceva più di sessanta anni fa Giuseppe Tomasi di Lampedusa con un filo di ironia, la cultura (letteraria) delle Italiane e degli Italiani ha un filtro inestirpabile che ne spiega la permanente approssimazione: il melodramma. Parrebbe un giudizio ormai perento.
La sortita del principe palermitano è tornata invece alla memoria di Apollonio qualche giorno fa come appropriatissima. 
L'insensato turbine che agita le reti sociali ha gettato infatti sulla spiaggia della sua appartata Citera questo cinguettio, lacerto evidente d'una conversazione dal tema socio-culturale: "Io non sono Desdemona (morta per mano di un marito geloso), tanto meno la Bovary, morta di tisi, dopo una vita dissoluta, grazie anche al perbenismo ottocentesco".
Eccolo pienamente all'opera il filtro del melodramma, ancora nell'epoca di Twitter. Probabilmente senza che "cinguettatrice" e "cinguettataria" ne siano state consapevoli: circostanza che ne amplifica il valore. 
Del resto, inconsapevoli non solo loro. Nessuna reazione del tipo di "Ma che diavolo state scrivendo?" tra le migliaia e migliaia di seguaci delle due, a conoscenza di Apollonio. E una topica di tali dimensioni si è guadagnata gli entusiastici rilanci che, come un'onda di piena, l'hanno portata sotto gli occhi divertiti di chi scrive. 
Il melodramma vi rifrange la tragica Emma (Bovary) nel luogo comune nazionale della patetica traviata nazionale, Violetta (Valéry), e la memoria condivisa scioglie così l'implacabile prosa francese del feroce Gustave Flaubert nei versi liquidi e arci-italiani di quel Francesco Maria Piave che, manipolatore di Alexandre Dumas figlio, fu nell'occasione il librettista delle note immortali del buon Giuseppe Verdi. 
Pomata appropriata a lenire ogni male nazionale, decretava sessanta anni fa Lampedusa, con un sardonico sorriso.

25 dicembre 2017

Sommessi commenti sul Moderno (24): L'opinionista compulsivo di massa

Avere un'opinione su tutto, meglio se risentita, e sentirsi d'altra parte in dovere di renderla pubblica. Nella società moderna, fu un dì un disturbo del comportamento tipico delle cosiddette figure intellettuali, dilettanti di norma in quasi tutto ma, dell'opinione, appunto professioniste. 
Oggi il Moderno si è putrefatto e, mentre l'intellettuale come profilo sociale individuabile è da un pezzo andato a ramengo, l'attitudine intellettuale del becero professionismo dell'opinione ha intriso di sé quasi ogni aspetto dell'esperienza umana. 
E come certo non si può dire in questa sede senza dire consapevolmente della sede medesima e di chi vi esprime, è in fondo un'epidemia siffatta a garantire almeno in parte la fortuna della comunicazione nelle reti sociali. Grande o piccola che sia, tale comunicazione è intrinsecamente morbosa e chi la diffonde è un virus.

21 dicembre 2017

Come cambiano le lingue (18): "Antologia"

"Torniamo a trovare Milo De Angelis nella sua casa di Milano per parlare della sua antologia Tutte le poesie 1969-2015 pubblicata da Mondadori nella collana Lo specchio": esordisce così Oreste Bossini aprendo l'intervista radiofonica al poeta, andata in onda la sera del 18 dicembre 2017 sul terzo canale dell'azienda radiotelevisiva pubblica italiana. Dopo un breve saluto di De Angelis, l'intervistatore precisa: "Dunque, questa è una raccolta di tutto il lavoro poetico di Milo De Angelis". E in chiusura della trasmissione: “Grazie a Milo De Angelis per questa ricca e aperta conversazione che prendeva spunto dalla pubblicazione di questa antologia completa di Tutte le poesie 1969-2015 pubblicata da Mondadori nella collana Lo specchio”.
C'era e c'è ancora in antologia (a credere ai dizionari correnti) una connotazione di 'scelta' e, in modo complementare, una di 'lasciar qualcosa da canto', in linea di principio, semanticamente incompatibili con l'idea di completezza e di raccolta esauriente. 
Ecco, per es., quanto scrive alla relativa voce un'opera che si vuole vicina alla lingua viva come il Grande dizionario italiano dell'uso, ideato e diretto da Tullio De Mauro: "raccolta di passi scelti di uno o più scrittori" e naturalmente "il volume che contiene tale raccolta", proponendo come sinonimi crestomazia, florilegio, silloge e non mancando di dare conto dell'etimo: "dal gr. anthología propr. "raccolta di fiori", comp. di antho- e del tema di légō "raccolgo".
I passi citati in esordio informano che, dopo qualche secolo di stabilità, antologia sta cedendo sul versante del significato. Dicono che, anche tra le persone di cultura (come sono senza ombra di dubbio le sopra menzionate), l'etimo non le fa più da àncora: deve avere infatti smesso d'essere trasparente. Si affacciano i segni d'una deriva orientata ad adeguare il significato alla cruda materialità dell'oggetto designato. Nel caso delle antologie, di norma, un volume con un gran numero di pagine. Un librone, insomma, come è presumibilmente quello che raccoglie tutta la produzione in versi del noto poeta milanese e che, per tale ragione è diventato un'antologia, senza riguardo al fatto che, a credere a quanto ne viene detto, non si tratta di una scelta. 


19 dicembre 2017

Bolle d'alea (23): Waggerl


"In fondo, solo l'inutile è veramente durevole": l'osservazione di Karl Heinrich Waggerl ricorda ad Apollonio che, per provare a durare ancora un po', questo diario non deve smettere d'essere inutile. Inutile quanto basta, del resto, a restare umano.
E di continuare a godere appieno della propria inutile umanità è ciò che Apollonio augura nella propizia occasione a chi, se è qui a leggerlo, è perché ama accompagnarsi con lui per benevolenza e per amicizia.

[In originale: "Im Grunde ist nur das Unnütze wirklich von Dauer"]

12 dicembre 2017

L'utile


E c'è poi quello strano ma comunissimo modo di illudersi che l'utile sia il criterio principale per intendere come sono e cosa fanno gli esseri umani, quando l'umanità per intero non serve manifestamente a nulla né c'è modo di credere necessaria ad alcunché la sua esistenza. 

10 dicembre 2017

Competenze e incompetenza


Solo chi ha poca competenza della natura umana può credere che pratica e successo dell'incompetenza non richiedano opportune competenze: dietro ogni incompetenza trionfante c'è un'arte, l'arte di fare trionfare l'incompetenza. E ci sono tempi che possono parere di decadenza, ma nei quali tale arte fiorisce invece e i suoi prodotti brillano in tutto il loro splendore.

9 dicembre 2017

A frusto a frusto (116)





Del proprio tempo ci si lagna, quando ci si scopre inadatti a viverlo e, conseguentemente, chiamati a lasciarlo.