Alla ricerca di differenze, nel difficile (e forse perciò spassoso) lavoro di una plausibile caratterizzazione della temperie in cui accade d'essere finiti, eccone ancora una.
Diversamente dalle precedenti, la presente, se mai parlerà alle future (ammesso le future abbiano orecchie per ascoltare: dispongano cioè d'una filologia), non lo farà con le sue espressioni migliori, ma con le deteriori. Non lascerà rare perle, documenti e monumenti di eccezionale forza e delicatezza insieme, ma gigantesche e desolate discariche di residui innumerevoli e, forse, indistruttibili di pratiche umane qualsivoglia: spesso le affatto ignobili.
Il prevalere ideologico, oltre che materiale della quantità sulla qualità a ciò del resto doveva ineluttabilmente condurre e a ciò ha condotto.
Ciò che tutti e tutte, come esseri umani, si sa fare e che consiste più o meno nel vivere (o nel sopravvivere) prevale necessariamente quanto a numero sopra ciò che, per essere fatto, domanda anzitutto un dono modicamente elargito all'umanità, quindi l'amorevole applicazione che coltiva, proteggendolo, quel dono e lo conduce al suo rado fiorire.
Non per i due abituali lettori di questo diario, che lo sanno, ma per chi casualmente ci capitasse, va forse a questo punto precisata ancora una piccola ma cruciale differenza. Riguarda l'attitudine, per dire così, morale da cui questo frustolo sortisce.
Non vi si afferma che ciò che tutti e tutte, in quanto esseri umani, si sa fare, cioè vivere (o sopravvivere), con il suo fall out, non meriti rispetto. Lo merita e, appunto perché universalmente, in modo sacro: fuori di ogni discussione.
Ciò che non merita però è la memoria, cioè la fatica culturale che l'umanità ha sempre naturalmente fatto per estrarre, dall'indistinto flusso quantitativo della sua sopravvivenza, i precari valori qualitativi della sua (sempre discutibile) pertinenza.
Ed è forse per tale ragione che il prevalere ideologico e materiale della quantità sulla qualità, nel lascito, pone a chi riflette sulla temperie una questione nuova e di inaudita gravità.
Non commento ma ho mandato questo e il precedente frustolo a un giovane e lontano amico e collega ma dotato di quelle vaste qualità che occorrono per leggervi oh Apollonio. A parziale e impermanente memoria D'Ascola
RispondiEliminaApollonio è grato per la réclame amichevole e per la memoria, comunque qualificata, al combattivo Lettore e Collega Blogger.
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