Come ognuno sa, Giovanni (detto Gianni) Agnelli fu titolare, in Italia, di un'antonomasia tra le più note e radicate della seconda metà del Novecento. Senza avere ufficialmente il titolo (pare) né aver mai praticato la relativa professione, per tutti egli era l'Avvocato.
C'è dell'ironia, talvolta, anche nelle antonomasie e, sotto l'apparenza di voler magnificare e finendo in ogni caso per farlo, un'antonomasia può nascere in realtà come deminutio. Il nonno di Gianni Agnelli e quel Vittorio Valletta cui, per la morte prematura e tragica del padre Edoardo, era stata frattanto affidata la reggenza della casa (automobilistica) erano stati senatori. A tratti, il primo era stato sfiorato dalla relativa designazione antonomastica.
Quanto a valore sociale, tra le antonomasie il Senatore e l'Avvocato non c'è partita, come s'usa dire adesso. Facile, forse errato, in ogni caso lecito il sospetto che l'antonomasia toccata in sorte a Giovannino (così lo si chiamava da ragazzo, per distinguerlo dal grande nonno, omonimo) avesse in origine più di un retrogusto amarognolo.
Cosa poi ciascuno sia capace di fare con la propria antonomasia, esattamente come col proprio nome, è tutt'altro affare. E Gianni Agnelli (in vecchiaia sarebbe divenuto anche lui senatore ma evidentemente troppo tardi) fece certo abbastanza per dare qualche lustro alla sua, in origine modesta.
Di antonomasie, di conseguenza, non si può dire che l'Avvocato non fosse un esperto. Non per studi, magari, ma per intima esperienza di vita.
Si dice poi egli fosse anche un grande intenditore di arte e di calcio. E Apollonio inclina a crederci, per l'inezia di ragioni personali che specificare qui sarebbe ozioso e farebbe sorridere. Certo, ne vide un segno quando seppe, or sono quasi venti anni, che l'Avvocato s'era fatto esplicito promotore di un paragone per parlare delle qualità e dei limiti d'un giovane atleta, Alessandro Del Piero. Questi cominciava allora a farsi luce nella squadra del suo cuore, titolare anch'essa, nell'ambiente, di una nutrita serie di antonomasie, peraltro non tutte elogiative: Madama, la Fidanzata d'Italia, la "Goeba".
Qui si fa ricorso, come si può, alla memoria di interviste apparse in effimere pagine sportive dell'epoca. In esse, Gianni Agnelli mostrava un temperato entusiasmo per il calciatore. Per essere chiaro (senza appunto essere esplicito), per dare distacco alla lode e per addolcire la critica, in Alessandro Del Piero, il cui nome (si osservi) pare echeggiare quello d'un artista del Rinascimento, diceva di vedere non tanto un Raffaello Sanzio (l'Urbinate) del pallone quanto un Pinturicchio.
Il Pinturicchio era l'antonomasia che (valendo, più o meno, come "il Pittorucolo") aveva designato cinque secoli prima Bernardino di Betto, artista perugino. Un altro titolare di antonomasia, Pietro di Cristoforo Vannucci, appunto il Perugino, aveva tenuto a bottega Bernardino, come aveva tenuto Raffaello. E nel campo dell'arte, non solo a giudizio dell'Avvocato, tra Raffaello e Bernardino, per riprendere la formula sopra adoperata, non c'era mai stata partita.
Sul principio, documentatisi frattanto gli straniti cronisti sportivi che avevano raccolto le curiose confidenze, la cosa risultò sufficientemente perspicua. E quando, sulla stampa, il paragone si trasformò, per riciclaggio, in una nuova antonomasia (come certo l'Avvocato aveva prefigurato e anche pregustato), quando Alessandro Del Piero cominciò insomma a essere menzionato, per antonomasia, come (il) Pinturicchio, l'ironia celata nell'apparente apprezzamento non sfuggiva: i gesti atletici di Alessandro Del Piero, per quanto notevoli, non erano degni di un Raffaello e restavano al livello di un Pinturicchio.
Il tempo ha però oscurato la malizia, complice la grossolanità della comunicazione pubblica cui è ovviamente impossibile confidare la conservazione di simili futili sottigliezze. E anche tra
chi, per ruolo intellettuale, forse conservarle dovrebbe, se ne è a quanto pare persa memoria.
Pinturicchio, il paragone antonomastico applicato, per opera dell'Avvocato, al calciatore della Juventus, non rivela un'iperbole. Nasconde invece una litote.
Alla luce di tale litote, tanto più meritevole appare, ora che sembra smetterà di calpestare l'erba degli stadi italiani, la figura di Alessandro Del Piero, capace sin da ragazzo di reggere il peso dell'ambiguo dono dell'Avvocato: un'antonomasia che, esaltandoti, ti deprime. Capace di farne ciò che egli, con l'implicita chiarezza della sua carriera di atleta, è stato capace di fare.
Una celebre rete di Alessandro Del Piero e
la corsa da cui nasce.