3 febbraio 2014

Linguistica candida (13): Cose infinite-2

Come ormai si sa anche fuori delle accademie e quasi a ogni angolo del mondo, Noam Chomsky dice da sessanta anni infinite le espressioni linguistiche esplicitamente enumerate dall'ipotetico automa grammaticale partorito dalla sua fantasia.
Indica poi in tale infinitezza il dato sperimentalmente cruciale per comprendere la natura umana, a suo parere realisticamente simulata da quell'automa.
Concepito, in origine, per diventare un concreto algoritmo, l'automa non è mai stato realizzato come tale, neppure episodicamente. Con ragione, già quaranta anni fa, sotto questo rispetto, Maurice Gross poteva quindi illustrare il fallimento della grammatica generativa, in un articolo pubblicato su Language.
Col passare del tempo, l'automa è però diventato un programma di ricerca, sempre più generico. Si è ridotto in tal modo a fungere da quadro di massima, se non da vero e proprio feticcio di uno stile argomentativo dogmatico e, anche per questa ragione, ogni giorno più adatto a presentazioni parodistiche e festivaliere della scienza linguistica (e non solo della linguistica), come è ormai facile verificare appunto quasi ad ogni angolo del mondo.
"Only two things are infinite, the universe and human stupidity, and I'm not sure about the former" è un motto attribuito, come si sa, ad Albert Einstein, ma ragionevolmente non suo. Di infinitezza vi si tratta però e, senza riguardo alla paternità, esso procura a chi vuole la sola prospettiva forse utile a intendere di cosa, con Noam Chomsky, è stata fin qui questione e di cosa, considerato il suo codazzo, lo sarà ancora per molti a venire.

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