"L'essenziale", "La canzone mononota" e "Se si potesse non morire" furono le canzoni classificate ai primi tre posti nell'edizione del Festival dell'anno scorso. L'insieme aveva prodotto su Apollonio qualche impressione che s'era ripromesso di sottoporre ai suoi cinque lettori, una volta divenuta la faccenda intempestiva (come, con poche eccezioni, è costume del suo diario). Difficile lo sia più di adesso. Ancora un paio di giorni e, da intempestiva, diventerà perenta. In fretta, allora, e con la promessa che, per l'anno corrente, non ci sarà una replica.
"L'essenziale" vinse e con ragione. Era trasparente la sua semplice adesione a un comune sentimento del momento, la contrizione morale (conseguente alla materiale) e l'orientamento verso la "sostenibilità": "Mentre il mondo cade a pezzi | io compongo nuovi spazi | e desideri che | appartengono anche a te... Mi allontano dagli eccessi | e dalle cattive abitudini | tornerò all'origine | torno a te che sei per me | l'essenziale".
Nelle evidenti difficoltà, buoni propositi di mortificazione, con l'augurio che servissero, e speranze, come appunto capita ai disperati. La speranza, soprattutto, non solo che un essenziale rimanesse (e che fosse perciò determinato e determinabile, per via della nominalizzazione di un aggettivo) ma che almeno tale essenziale fosse salvaguardato, per il disperato pentito e che giurava d'essere ben disposto a farsi "sostenibile".
Che tuttavia, visti l'epoca e lo spirito, si trattasse piuttosto di impotenti velleità, di sogni malati di spiriti sì bottegai ma, al tempo stesso, irragionevolmente piegati verso un morboso ritorno ad attitudini infantili, l'ammettevano apertamente, per contrasto, la terza classificata e la sua cascata di congiuntivi desiderativi della più patente e disarmante irrealtà: "Se potessi mantenere più promesse | e in cambio avere la certezza | che le rose fioriranno senza spine | cambierebbero le cose... E poi t'immagini se invece | si potesse non morire | e se le stelle si vedessero col sole | se si potesse nascere ogni mese | per risentire la dolcezza di una madre e un padre | dormire al buio senza più paure | mentre di fuori inizia il temporale".
Per gli Italiani qualsiasi, allora, temporale e mondo che cade a pezzi. I meno raffinati, testa sotto il cuscino, come i bambini; i più (inutilmente) avvertiti, augurio di sopravvivere almeno con l'essenziale.
A Sanremo, come del resto in Italia, ci sono poi però, distinti dai qualsiasi, i chierici e i poeti, insomma gli intellettuali. Per principio, gli intellettuali sono intelligenti: differentemente, che intellettuali sarebbero? Circolano a Sanremo, ma circolano da qualche anno con ironia, anzi con un'ironica ironia. Ma forse non basta ancora, come definizione: con un'ironia ironica dell'ironia. Insomma, con quella che agli intellettuali parrà ciò che vogliono ma che si può semplicemente definire condiscendenza.
Gli intellettuali presenti l'anno scorso a Sanremo non partorirono una canzone, magari impegnata, come si diceva un tempo. Coerenti con il loro ruolo nella società italiana (e quindi anche nella sanremese), partorirono una meta-canzone: "Condurre un'esistenza di sforzi | tallonando la chimera di una melodia composita | gremita di arzigogoli rarissimi | che poi alla fine scopri | che ti mancava quella nota sola | bellissima | che sciocco non aver pensato prima | alla canzone mononota | una canzone poco nota | che si fa con una nota | e quella nota è questa | È la canzone mononota | puoi cambiare il ritmo | puoi cambiare la velocità | puoi cambiare l'atmosfera | puoi cambiare gli accordi | la puoi fare maggiore minore eccedente diminuita | puoi cambiare il cantante | puoi cambiare l'argomento | puoi cantarla da solo | puoi cantarla tutti insieme con il coro | puoi farla fare all'orchestra | mentre ti prendi una pausetta".
Per un intellettuale a Sanremo, difficile - lo si deve ammettere - essere più ironico e più intelligente di così: conseguente trionfo tra i giurati di qualità ("- Figaro! - Son qua"). A riscatto dei disperati della sostenibilità e del politicamente corretto e degli infantili e volgari bottegai, seconda piazza. Ed è vero: puoi cambiare tutto. Non cambia mai però, nel Bel paese, "la canzone mononota" di cui si fecero nel 2013 testimoni e prova, al tempo stesso, i condiscendenti intellettuali di Sanremo, con quella che, vista da questo scorcio del 2014, pare del resto anche una (facile) profezia.
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