"La Mannschaft", "la Seleção", "la Selección": sono antonomasie e da qualche settimana sono state sparse con larghezza in un discorso pubblico italiano per nulla sofisticato, fatto al contrario di lingua popolare e con appello a processi figurati trasparenti: il discorso sportivo.
Le antonomasie sostituiscono opportunamente i nomi propri. Per esempio, "il Codino" non suona formalmente come "(Roberto) Baggio", ma quando si tratta di imbastire un (celere) discorso sul celebre attaccante italiano che fallì un decisivo rigore nel 1994 (e questa è una descrizione definita), l'antonomasia (quella in questione, peraltro, su base metonimica) e il nome proprio fanno egregiamente lo stesso lavoro. Aiutano inoltre alla realizzazione di quella variatio che funge forse da principale musa ispiratrice dell'espressione italiana di chi si vuol dare comunque uno stile.
Appunto, nel recente discorso sportivo italiano, "la Mannschaft", "la Seleção", "la Selección", come antonomasie, sono strumenti di evocativa variatio ma si segnalano, rispetto alle molte altre, per una loro particolarità.
Per un italiano o un'italiana davanti a un apparecchio televisivo, "la Mannschaft" vale quanto vale "la Germania", ovviamente intesa, questa, come rappresentanza sportiva nazionale (santo Cielo, come sono complicate, a volerle rendere esplicite, le chiacchiere più semplici). E vale "la Germania" in virtù del fatto formale che il suo cuore è una parola tedesca (sia o non sia tale parola trasparente, nel suo significato. Piuttosto: col genere, qui, come la si mette?).
"La Mannschaft" è, in altre parole, un'antonomasia-prestito e identifica i rappresentanti calcistici degli elargitori del prestito per via del loro codice d'espressione.
Si astengano a questo punto i cinque (maligni) lettori dal delirante pensiero che, se in questione è un prestito agli Italiani, tali elargitori, presane coscienza, pretendano presto di avere indietro l'antonomasia e col noto differenziale d'interesse.
Lo stesso del resto, mutatis mutandis, si può dire per "la Seleção" e per "la Selección", ma con l'aggiunta, nel caso della seconda, di qualche distinguo, qui negletto, perché Apollonio l'ha già fatta troppo lunga. Vuol solo precisare che il distinguo non riguarda, come di nuovo stanno certo pensando i soliti cinque, la prospettiva economica del prestito, anche qui delicata, ma per ragioni inverse alle sopra alluse.
Per essere efficaci quanto lo sono i nomi propri che esse sostituiscono, per riferirsi nel discorso italiano in modo univoco a ciò che designano, come appunto fanno, "la Mannschaft", "la Seleção", "la Selección" innescano insomma una sorta di cortocircuito sfacciatamente metalinguistico: 'per antonomasia, la squadra sportiva che rappresenta coloro che, quando vogliono designarla, nella loro lingua la dicono per antonomasia...'.
A ogni ricorrenza di tali antonomasie, il linguista da strapazzo ha gongolato. Del resto, a dire il vero, lo spettacolo non è mai stato un granché. Gli ha lasciato il tempo di farsi attraversare la mente da ogni sorta di corbelleria, oltre che da un grato pensiero per l'anima cara di Roman Jakobson. L'aveva detto: codice su codice. Sante parole.
Le antonomasie sostituiscono opportunamente i nomi propri. Per esempio, "il Codino" non suona formalmente come "(Roberto) Baggio", ma quando si tratta di imbastire un (celere) discorso sul celebre attaccante italiano che fallì un decisivo rigore nel 1994 (e questa è una descrizione definita), l'antonomasia (quella in questione, peraltro, su base metonimica) e il nome proprio fanno egregiamente lo stesso lavoro. Aiutano inoltre alla realizzazione di quella variatio che funge forse da principale musa ispiratrice dell'espressione italiana di chi si vuol dare comunque uno stile.
Appunto, nel recente discorso sportivo italiano, "la Mannschaft", "la Seleção", "la Selección", come antonomasie, sono strumenti di evocativa variatio ma si segnalano, rispetto alle molte altre, per una loro particolarità.
Per un italiano o un'italiana davanti a un apparecchio televisivo, "la Mannschaft" vale quanto vale "la Germania", ovviamente intesa, questa, come rappresentanza sportiva nazionale (santo Cielo, come sono complicate, a volerle rendere esplicite, le chiacchiere più semplici). E vale "la Germania" in virtù del fatto formale che il suo cuore è una parola tedesca (sia o non sia tale parola trasparente, nel suo significato. Piuttosto: col genere, qui, come la si mette?).
"La Mannschaft" è, in altre parole, un'antonomasia-prestito e identifica i rappresentanti calcistici degli elargitori del prestito per via del loro codice d'espressione.
Si astengano a questo punto i cinque (maligni) lettori dal delirante pensiero che, se in questione è un prestito agli Italiani, tali elargitori, presane coscienza, pretendano presto di avere indietro l'antonomasia e col noto differenziale d'interesse.
Lo stesso del resto, mutatis mutandis, si può dire per "la Seleção" e per "la Selección", ma con l'aggiunta, nel caso della seconda, di qualche distinguo, qui negletto, perché Apollonio l'ha già fatta troppo lunga. Vuol solo precisare che il distinguo non riguarda, come di nuovo stanno certo pensando i soliti cinque, la prospettiva economica del prestito, anche qui delicata, ma per ragioni inverse alle sopra alluse.
Per essere efficaci quanto lo sono i nomi propri che esse sostituiscono, per riferirsi nel discorso italiano in modo univoco a ciò che designano, come appunto fanno, "la Mannschaft", "la Seleção", "la Selección" innescano insomma una sorta di cortocircuito sfacciatamente metalinguistico: 'per antonomasia, la squadra sportiva che rappresenta coloro che, quando vogliono designarla, nella loro lingua la dicono per antonomasia...'.
A ogni ricorrenza di tali antonomasie, il linguista da strapazzo ha gongolato. Del resto, a dire il vero, lo spettacolo non è mai stato un granché. Gli ha lasciato il tempo di farsi attraversare la mente da ogni sorta di corbelleria, oltre che da un grato pensiero per l'anima cara di Roman Jakobson. L'aveva detto: codice su codice. Sante parole.
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