Significato è ciò che, senza significante, non sarebbe significato. Significante, ciò che, senza significato, non sarebbe significante (o, se si preferisce, sarebbe insignificante).
La ratio di una scelta che non fu solo terminologica ma anche congiuntamente sperimentale e speculativa risiede in un rapporto reso tangibile e linguisticamente concreto dalla coppia inscindibile di due forme nominali del verbo: signifié, signifiant.
Così presentato (genialmente, vien fatto di dire, sfidando con tale espressione ammirativa il ridicolo della ridondanza), il rapporto viene fuori dall'intreccio di funzioni sintattiche (con significato, l'oggetto; con significante, il soggetto), di diatesi (con significato, il passivo; con significante, il non-passivo - o l'attivo, se si preferisce), di aspetto (con significato, il perfettivo; con significante, il non-perfettivo - o l'imperfettivo, se si preferisce). E funzioni sintattiche, diatesi e aspetto stanno nel nocciolo del sistema della lingua, dove appunto si genera per correlazione la differenza. Anche quella che, nella funzione segnica, permette di cogliere, ma senza che mai si separino e solo da due diverse prospettive, signifié e signifiant.
[Oggi questo diario compie dieci anni: ai suoi due lettori farà forse piacere leggere (o rileggere?) anche il frustolo saussuriano del suo esordio. Per festeggiare sommessamente la ricorrenza, soccorrono Apollonio, come si vede, le sue consuete debolezze di pensiero e di affetto e la futile urgenza di ricordare che Ferdinand de Saussure fu rigorosamente un linguista e non genericamente un filosofo, come da parecchi decenni crede e tende a far credere la maggioranza di coloro che lo menzionano. L'immagine - Ferdinand de Saussure, Bal costumé 1901, Lacombe et Arlaud, Genève, Archives Jacques et Philippe de Saussure 2013 - è tratta dalla copertina di Ferdinand de Saussure, Une vie en lettres, Diachronie dressée par Claudia Mejía Quijiano, Éditions Nouvelles Cécile Defaut, Nantes 2014.]
Nessun commento:
Posta un commento