Greco antico e latino sono inopinatamente venuti di moda, come si sa. Tutti a parlarne, molti a scriverne sui giornali, in rete o, addirittura, a dirne in televisione (e, certo, non in trasmissioni come la gloriosa "L'approdo"). In libreria, correlativamente, alcuni libri. Geniale il greco antico, bello il latino, inutili ambedue ma ovviamente solo per antifrasi e via invece con apologie di norma piuttosto stucchevoli o viete.
A scatenare il modesto temporale, la minaccia di misure che ne rendano ufficiale il ridimensionamento nell'insegnamento. Un ridimensionamento che, c'è da sospettare, è in realtà già operante. Si tratterebbe dunque di una semplice resa o di una sorta di presa d'atto: quei provvedimenti che si assumono quando il mondo ha già provveduto da sé e si fa finta di governare i fenomeni, mentre invece li si sta soltanto rincorrendo, senza naturalmente che lo si possa dire, anche perché - e sta lì il paradosso - tutti lo sanno. Con i buoi già fuori delle stalle, si può stare certi che intervenga presto una norma che, per i buoi, preveda prima la possibilità, quindi l'obbligo assoluto di stare fuori delle stalle.
Del resto, greco antico e latino una loro lampante, se pure modesta utilità, in un'Italia come la presente, stanno dimostrando di averla. Servono appunto a vendere qualche libro e a costruire qualche notorietà, si vedrà quanto durevole, nell'odierno bacino d'utenza della cosiddetta saggistica. Come sanno bene gli editori, si tratta d'elezione di quel ceto docente di cui professoresse e professori di discipline umanistiche costituiscono, da sempre, la punta di diamante e di coloro che sono in atto o sono spiritualmente rimasti sotto l'influenza morale di tale ceto e che sono di conseguenza qualificabili estesamente come discenti.
Per un pubblico del genere e secondo i gusti e le mode del tempo, che tendono inesorabilmente all'elegia, quanto all'estetica, all'edificante, quanto all'etica, e alla chiacchiera, quanto alla teoretica, ecco pronti sui media e sugli scaffali delle librerie i prodotti giusti. Greco antico e latino si sono dunque fatti anch'essi temi effimeri e, considerata la loro persistenza millenaria, è un bel paradosso che illustra meravigliosamente lo stato del mondo presente, la cui cultura si nutre solo di ciò che passa da un setaccio siffatto.
Ed è questa, in conclusione, la saporita e loquace condizione alla luce della quale dire che greco antico e latino siano inutili, sul momento, ma esattamente sul momento, proprio non si può.
A scatenare il modesto temporale, la minaccia di misure che ne rendano ufficiale il ridimensionamento nell'insegnamento. Un ridimensionamento che, c'è da sospettare, è in realtà già operante. Si tratterebbe dunque di una semplice resa o di una sorta di presa d'atto: quei provvedimenti che si assumono quando il mondo ha già provveduto da sé e si fa finta di governare i fenomeni, mentre invece li si sta soltanto rincorrendo, senza naturalmente che lo si possa dire, anche perché - e sta lì il paradosso - tutti lo sanno. Con i buoi già fuori delle stalle, si può stare certi che intervenga presto una norma che, per i buoi, preveda prima la possibilità, quindi l'obbligo assoluto di stare fuori delle stalle.
Del resto, greco antico e latino una loro lampante, se pure modesta utilità, in un'Italia come la presente, stanno dimostrando di averla. Servono appunto a vendere qualche libro e a costruire qualche notorietà, si vedrà quanto durevole, nell'odierno bacino d'utenza della cosiddetta saggistica. Come sanno bene gli editori, si tratta d'elezione di quel ceto docente di cui professoresse e professori di discipline umanistiche costituiscono, da sempre, la punta di diamante e di coloro che sono in atto o sono spiritualmente rimasti sotto l'influenza morale di tale ceto e che sono di conseguenza qualificabili estesamente come discenti.
Per un pubblico del genere e secondo i gusti e le mode del tempo, che tendono inesorabilmente all'elegia, quanto all'estetica, all'edificante, quanto all'etica, e alla chiacchiera, quanto alla teoretica, ecco pronti sui media e sugli scaffali delle librerie i prodotti giusti. Greco antico e latino si sono dunque fatti anch'essi temi effimeri e, considerata la loro persistenza millenaria, è un bel paradosso che illustra meravigliosamente lo stato del mondo presente, la cui cultura si nutre solo di ciò che passa da un setaccio siffatto.
Ed è questa, in conclusione, la saporita e loquace condizione alla luce della quale dire che greco antico e latino siano inutili, sul momento, ma esattamente sul momento, proprio non si può.
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