L'esperienza è comune: nella testa di ciascuno e secondo le sue sensibilità, solo un verso, un distico, un ritornello finiscono talvolta per risuonare come emblematici di una canzone. E di un momento.
Nella recente e molto accattivante
Tutti contro tutti degli Stadio (
feat. Vasco Rossi, come si usa scrivere adesso, per dire "con la partecipazione di" - e non si può negare sia più spiccio), hanno un carattere del genere i due versi "bisognerebbe scoppiasse una rivoluzione | o che almeno tornasse la buona educazione", che riscattano un testo corrivamente moraleggiante, nel suo complesso.
Ricorrono sul declinare del pezzo e verso la sua conclusione, immediatamente prima dell'assolo di chitarra che, rockeggiando canonicamente, marca l'acme della composizione. Non è difficile supporre che una collocazione del genere non venga a casaccio e ipotizzare conseguentemente che lì si trovi se non il succo della canzone, perlomeno la prospettiva dalla quale inquadrarla.
La prospettiva ironica di una paradossale contraddizione: il balzo verso il futuro di un cambiamento radicale, pur asserito come necessario, vi si trova combinato, come eventualità subordinata, con un ritorno a un bene passato e in ogni caso augurabile. Insomma, avanti o indietro? Avanti o indietro, come usa adesso, in disgiunzione non-esclusiva. Tutto, tranne il presente, né rivoluzionario (si opina) né ben educato (si osserva).
Per naturale rispecchiamento, i dati anagrafici degli Stadio e di Vasco Rossi dicono del resto in modo inequivocabile quale sia il nocciolo del pubblico cui le loro canzoni si indirizzano né la circostanza è contraddetta dal fatto che questo transeunte Apollonio abbia volentieri prestato in proposito il suo orecchio. Anzi.
L'Apollonio eterno, ovviamente, lo redarguisce: "Ma di che diavolo vai a occuparti, cretino?". Ha ragione.
Chissà a quanti però l'accostamento di rivoluzione e buona educazione ha rinnovato la memoria di parole che, alcuni decenni fa, avevano criticamente combinato i due concetti e che erano allora ripetute da molti: "...la rivoluzione non è un pranzo di gala, non è una festa letteraria, non è un disegno o un ricamo; non si può fare con tanta eleganza, con tanta serenità e delicatezza, con tanta grazia e cortesia".
Che siano state proferite e soprattutto replicate in modo probo o improbo ha poca importanza. Non è morale, la faccenda, ma teoretica. Alla luce (d'Oriente) di quanto esse asseriscono, infatti, l'assenza di buona educazione è tratto caratteristico di una rivoluzione e non si dà rivoluzione senza che il garbo nei modi non ne risulti sospeso.
Orbene, che la buona educazione manchi è condizione ormai da lungo tempo verificata e quindi perdurante e l'indizio non può che essere loquace, per la formulazione di un'ipotesi. Ai vecchi, forse, pare il contrario, ma una rivoluzione è da gran tempo in atto. Né pare avere soste.
Proprio questo permanente presente potrebbe insomma essere la rivoluzione permanente che s'era augurata di vivere la loro non-permanente gioventù. Non se l'era augurata in questi modi? Ma ha appunto modi, una rivoluzione? E, guardando dal passato, chi può sapere mai quali forme presenti avrà il presente futuro? Restare lucidi, per intenderle quando vengono, è magra consolazione, ma, forse non solo per i vecchi, non se ne intravedono di migliori.