"Qualunque cosa se ne dica, la natica non svolge una grande attività nella vita. Non richiede un uso frequente del verbo transitivo. Richiede il verbo medio o intransitivo. Del resto, non chiede assolutamente nulla. In quanto soggetto non ha una grande esistenza. La troviamo preferibilmente descritta nella sua modalità d'essere, se così si può dire. Si parla più volentieri delle sue forme, del suo movimento, delle sue metamorfosi. In breve la natica ha un solo accessorio indispensabile, ed è l'epiteto. Il quale, a dire il vero, non modifica la sua natura. La natica è là, l'attributo la rende sfumata". A supporto di questa gustosa pagina grammaticale, è stato di recente fornito un formidabile apparato di dati testuali, nei mezzi di comunicazione di mezzo mondo. Questi hanno mostrato quanto essa sia veritiera e condivisibile, nei suoi contenuti. Viene da un libro del 1995 di Jean-Luc Hennig, Brève histoire des fesses, nella traduzione che Giancarlo Pavanello ne ha procurato l'anno successivo per il pubblico italiano, sotto il titolo di Breve storia delle natiche.
Sia detto per inciso che, in funzione della linguistica dei corpora (ohibò!), la ratio della cosiddetta grammatica delle costruzioni trova in queste poche righe una sorta di rapida spiegazione, come ne vengono illustrate, per indiretti aspetti, la nozione di ruolo tematico, la classificazione semantica dei verbi e altri importanti concetti oggi correnti in linguistica. Se Apollonio si ferma sul passo, non è certo però per sentenziare sulle natiche promotrici di tante discussioni né per affrontare problemi di teoria linguistica rilevanti come gli evocati.
Anzitutto, dubita infatti di esserne capace. Sono problemi troppo nuovi e pulsanti per le sue sfilacciate corde di uomo anziano e di vecchio strutturalista. Si aggiunga che egli nutre un rispetto, quasi superstizioso, tanto per la natica quanto per la semantica, i cui nomi (quelli veri, intende) non dovrebbero, a suo parere, mai farsi invano.
In secondo luogo, la vigile attenzione dei suoi smaliziati cinque lettori non ha certo bisogno d'essere sollecitata a proposito di nessuna delle due questioni: di natica e di semantica ne sanno sicuramente più di lui. E chi scrive, diceva Italo Calvino, lo fa per un lettore che immagina migliore di lui. Principio cui chi cura questo blog si tiene strettissimo: fosse altrimenti, varrebbe la pena?
E allora, cosa c'è in ballo nel passo, per Apollonio? Solo una minuscola curiosità. E per soddisfarla, chiede soccorso a chi, diversamente da lui, avesse eventualmente il bel libro di Hennig a disposizione nella lingua originale.
La questione è di terminologia comparata e confluisce nell'immenso bacino dei problemi della traduzione. L'"epiteto", dice in italiano il brano, è il solo accessorio grammaticale indispensabile della natica. E a rendere la natica sfumata è l'"attributo". Nel testo francese, c'è da scommettere, "epiteto" suona come "épithète" e "attributo" come "attribut".
In rapporto con la terminologia grammaticale italiana, tanto l'uno quanto l'altro sono tuttavia dei faux amis. Ed è certo una poco simpatica trappola, proprio nel cuore della lingua speciale della disciplina che dice di occuparsi di lingue scientificamente. L'"épithète" francese è infatti l'italiano "attributo": una bella natica. L'"attribut" francese è l'italiano "predicato (nominale)": le sue natiche erano deliziose.
Se fosse come qui si immagina, il traduttore avrebbe forse dovuto essere più attento ai valori grammaticali di ciò che traduceva. Il passo l'avrebbe meritato. Parte del suo gusto, per l'intenditore di natica e di grammatica, sta proprio lì. Insomma, se Apollonio non si sbaglia, tirando come sta facendo a indovinare, la traduzione delle due proposizioni avrebbe dovuto suonare come segue: "In breve la natica ha un solo accessorio indispensabile, ed è l'attributo. Il quale, a dire il vero, non modifica la sua natura. La natica è là, il predicato la rende sfumata" [forse, anche qui, "le dà le sue sfumature"].
C'è bisogno di precisare che il tema è di futile e peregrina pedanteria? Ma se ne leggono di diversi in questo blog? Comunque sia, per avere conferma delle sue ipotesi filologiche, Apollonio chiede soccorso a chi potrà fornirglielo. Come ricompensa, promette (ma senza promettere di mantenere la promessa) di metterlo privatamente a parte di un castissimo aneddoto. Gli accadde di ascoltarlo dalla voce di colui che, incolpevole, lo introdusse (or sono quasi quaranta anni) agli studi linguistici. L'aneddoto ha appunto come tema le natiche. E, confermando l'acuta teoria grammaticale di Hennig, termina proprio con una proposizione con predicato nominale: "Quelle natiche non mi sono nuove".