"Il più grande scrittore della letteratura italiana d'ogni secolo": era il 1967. Italo se ne uscì così, a proposito di Galileo, la vigilia di Natale sul Corriere della Sera. Lo pensava, certo, ma come non pensare che pensasse di fare rumore, con la sortita.
E fece rumore, tanto che quasi subito gli fu chiesto (come certo s'attendeva) di tornarci su, per spiegarsi, rispondendo alle osservazioni. Lo fece con larghezza di argomenti. Del resto, testimonianza della sua predilezione per Galileo si trova, come si sa, fino alle sue carte estreme.
Se Apollonio non s'inganna, non ci fu nessuno però che obiettasse a Italo che il guasto della sua affermazione stava nel metodo più che nel merito. Galileo non è il più grande scrittore della letteratura italiana d'ogni secolo. E non lo è non perché non sia un grande, un grandissimo scrittore, ma perché il più grande scrittore, non solo della letteratura italiana ma di qualsiasi letteratura, semplicemente non c'è. E se pare esserci, c'è, tutte le volte che appare, come un feticcio: il feticcio linguistico "il più grande...". Ci si rende quindi colpevoli d'un imbroglio a mettere in giro tale feticcio. Bene che vada, ci si comporta da comizianti o da imbonitori.
Per Italo, insomma, sempre così attento con le parole, un vero e proprio lapsus. Rivelatore della circostanza che, puoi anche chiamarti un giorno Qfwfq o Palomar, puoi volteggiare leggero tra città invisibili, castelli dei destini incrociati e infiniti incassi di intrecci narrativi, ma la nebulosa pesantezza della propaganda in cui t'è capitato di emettere i primi vagiti intellettuali, basta tu perda per un attimo il controllo della lingua, che è ciò che dà forma ai tuoi pensieri e quindi dà a essi espressione, succede che torni.
[Sul tema, nel gennaio del 2011 e nel settembre dello stesso anno.]
[Sul tema, nel gennaio del 2011 e nel settembre dello stesso anno.]
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