Ecco una spassosa applicazione, ispirata alla Gnòsi delle fànfole di Fosco Maraini, della proprietà dei nomi propri di non aver senso. Meglio (per non incorrere nell'aporia in cui incorrono i filosofi, cui del resto di capire come funziona la lingua giustamente poco cale), di non avere senso come si trovano ad averlo le parole comuni, pur restando i nomi propri titolari (e come si potrebbe diversamente?) di una forma pronta a fare da vettore, con le sue proprietà manifeste, di associazioni segniche fantasiose ma, si badi bene, tutte rigorosamente sistematiche: metasemantica, propose Maraini di definire la tecnica.
Chi direbbe che Paceco non è un impeccabile aggettivo? E perché in un discorso (in)sensato Frazzanò non dovrebbe poter figurare da perfetta terza persona singolare del passato remoto di un verbo formalmente ineccepibile come l'ipotetico frazzanare? Anzi, visto lo stato in cui si trovano, per via di annosa incuria, il territorio nazionale e il siciliano in particolare, Apollonio propone che un verbo del genere entri nei dizionari, con il significato di 'subire danni, essere diventato impraticabile per via di movimenti del terreno': "È (o "ha"? Decideranno i grammatici) frazzanato di tutto, questo autunno, in Sicilia".
Nella divertente performance, il gioco a tratti si fa troppo facile e scoperto. Ci sono infatti toponimi (ancora) chiaramente correlabili a quei nomi comuni, corredati sovente da attributo, da cui li ha tratti un'antonomasia: Belpasso.
A rendere opachi anche tali toponimi, come ha fatto con tutti gli altri, penserà il tempo ma non c'è da illudersi in proposito che, pur realizzandosi i voti più fausti, Apollonio e i suoi due lettori vedranno quel momento. Quei nomi propri diventeranno solo allora materia per i cacciatori di etimi, gustosa selvaggina linguistica che non ha mai difettato di amatori raffinati, tra i quali si sono sempre contati, ovviamente, anche molti esilaranti millantatori (è la non rara attitudine di chi pratica certi sport).
A rendere opachi anche tali toponimi, come ha fatto con tutti gli altri, penserà il tempo ma non c'è da illudersi in proposito che, pur realizzandosi i voti più fausti, Apollonio e i suoi due lettori vedranno quel momento. Quei nomi propri diventeranno solo allora materia per i cacciatori di etimi, gustosa selvaggina linguistica che non ha mai difettato di amatori raffinati, tra i quali si sono sempre contati, ovviamente, anche molti esilaranti millantatori (è la non rara attitudine di chi pratica certi sport).
Solo una nota pedante, in conclusione, ma dai riflessi morali. Al giovane performer, ma non a lui solo né gliene si può fare una colpa, sfugge che Giancaxio, testimone d'una antica grafia, andrebbe pronunciato come fosse Giancascio, al pari di Muxaro, Xaxa (caso già menzionato in questo diario) e Craxi.
Dove ognun vede come ci siano appunto errori inestirpabili e come sia appunto una "fànfola" che la verità finisce sempre per affermarsi: testardi, irredenti e irriducibili consultino, in proposito, il prezioso Dizionario onomastico della Sicilia del compianto Girolamo Caracausi (naturalmente, "Per combinare il pranzo con la cena, io girolamo come una trottola e tu, sfaccendato incosciente, caracausi per casa in mutande tutto il santo giorno").
[Apollonio non è in grado di eliminare dalle immagini gli eventuali inserti pubblicitari: se ne scusa.]
Dove ognun vede come ci siano appunto errori inestirpabili e come sia appunto una "fànfola" che la verità finisce sempre per affermarsi: testardi, irredenti e irriducibili consultino, in proposito, il prezioso Dizionario onomastico della Sicilia del compianto Girolamo Caracausi (naturalmente, "Per combinare il pranzo con la cena, io girolamo come una trottola e tu, sfaccendato incosciente, caracausi per casa in mutande tutto il santo giorno").
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