Anche ad Apollonio, nella sua vita secolare, accade talvolta di sedere a tavola con gente importante e di livello. Non molti anni fa, a cena, il ministro italiano dell'istruzione a cavaliere tra i due millenni intrattiene, come sa, i commensali. Narra dell'impressione che gli hanno fatto, percorrendo, nella sua nuova funzione, il Sancta Sanctorum dell'augusto palazzo, i ritratti dei suoi predecessori che l'adornano: su ciascuno una targhetta, a declinare le generalità del raffigurato secondo l'ordine anagrafico cognome-nome.
E qui la memoria di Apollonio, oggi, si confonde. Ricorda vagamente di un riferito raccapriccio del ministro. Del racconto d'una sua disposizione per un rinnovamento delle targhette e per l'instaurazione dell'ordine nome-cognome, meno grigio, meno burocratico-militaresco. Disposizione, disse quella sera il ministro, giunta felicemente al bersaglio? Fallita? Oggi, Apollonio non può darne affidabile testimonianza.
Prima d'arrivare a quel punto, infatti, egli s'era già colpevolmente distratto. I suoi pensieri avevano cominciato ad esercitarsi con una litania interiore di nomi, recitati proprio nell'ordine che dispiaceva al ministro, da sempre, del resto, meritevole alfiere di progresso, nell'istruzione.
Berlinguer Luigi... Malfatti Franco Maria... Falcucci Franca... Gui Luigi... e (fuori del sostegno di consapevoli personali esperienze) Moro Aldo... Bottai Giuseppe... De Ruggiero Guido... Omodeo Adolfo... Gonnella Guido... Sella Quintino... Croce Benedetto... Amari Michele... Bonghi Ruggiero... De Sanctis Francesco...
Fu tuttavia come un mantra. O forse fu colpa del vino (di pessima qualità: di questo è più che certo). Certo, bevendo e compitando tacitamente la sua litania, parve così ad Apollonio che gli si illuminasse improvvisa la ratio profonda di quell'ordine cognome-nome che il ministro raccontava di avere messo a repentaglio, dalla sua prospettiva generosa e politicamente corretta.
Gli parve di capire che le vecchie targhette miravano ad ammonire la massima e transeunte autorità dell'istruzione italiana, a spasso in quel luogo di potere. Un giorno, tale autorità lo sapeva, sarebbe stata onorata di un ritratto lì, sui muri del ministero. Le targhette la informavano però che, negli anni a venire, per la severa impassibilità dell'istituzione, il suo nome, quanto si voglia illustre e personale, non sarebbe stato declinato diversamente da come esso un dì aveva risuonato all'appello mattutino del maestro della sua prima classe elementare, nel primo suo incontro pubblico, da bambino, con la maestà dell'istruzione: "Amari Michele", "Presente", "Bonghi Ruggiero", "Presente", "Bottai Giuseppe", "Presente", "Croce Benedetto", "Presente", "De Mauro Tullio", "Presente".
Ma Apollonio si peritò di dirlo di fronte a tutta quella gente importante e di interrompere il flusso delle parole dispensate nell'occasione dalla brillante autorevolezza del ministro. E se oggi, fine dell'anno, lo svela qui è solo per far sorridere i suoi due lettori di una delle tante sciocchezze che gli son passate e continuano a passargli per il capo e per dire loro di fare attenzione ai vini cattivi.
Prima d'arrivare a quel punto, infatti, egli s'era già colpevolmente distratto. I suoi pensieri avevano cominciato ad esercitarsi con una litania interiore di nomi, recitati proprio nell'ordine che dispiaceva al ministro, da sempre, del resto, meritevole alfiere di progresso, nell'istruzione.
Berlinguer Luigi... Malfatti Franco Maria... Falcucci Franca... Gui Luigi... e (fuori del sostegno di consapevoli personali esperienze) Moro Aldo... Bottai Giuseppe... De Ruggiero Guido... Omodeo Adolfo... Gonnella Guido... Sella Quintino... Croce Benedetto... Amari Michele... Bonghi Ruggiero... De Sanctis Francesco...
Fu tuttavia come un mantra. O forse fu colpa del vino (di pessima qualità: di questo è più che certo). Certo, bevendo e compitando tacitamente la sua litania, parve così ad Apollonio che gli si illuminasse improvvisa la ratio profonda di quell'ordine cognome-nome che il ministro raccontava di avere messo a repentaglio, dalla sua prospettiva generosa e politicamente corretta.
Gli parve di capire che le vecchie targhette miravano ad ammonire la massima e transeunte autorità dell'istruzione italiana, a spasso in quel luogo di potere. Un giorno, tale autorità lo sapeva, sarebbe stata onorata di un ritratto lì, sui muri del ministero. Le targhette la informavano però che, negli anni a venire, per la severa impassibilità dell'istituzione, il suo nome, quanto si voglia illustre e personale, non sarebbe stato declinato diversamente da come esso un dì aveva risuonato all'appello mattutino del maestro della sua prima classe elementare, nel primo suo incontro pubblico, da bambino, con la maestà dell'istruzione: "Amari Michele", "Presente", "Bonghi Ruggiero", "Presente", "Bottai Giuseppe", "Presente", "Croce Benedetto", "Presente", "De Mauro Tullio", "Presente".
Ma Apollonio si peritò di dirlo di fronte a tutta quella gente importante e di interrompere il flusso delle parole dispensate nell'occasione dalla brillante autorevolezza del ministro. E se oggi, fine dell'anno, lo svela qui è solo per far sorridere i suoi due lettori di una delle tante sciocchezze che gli son passate e continuano a passargli per il capo e per dire loro di fare attenzione ai vini cattivi.