Ha spirito chi cura la comunicazione dell'azienda di trasporti pubblici di Zurigo, che di passaggio illustra anche gustosamente, ai suoi utenti di innumerevoli fedi e nazioni, qual si mantengano i rapporti di reciproca considerazione tra tribù germaniche diverse, quando una di queste sia idealmente rimasta libera di esprimersi in proposito e non sia stata ubriacata dai nazionalismi europei del Moderno, la cui stoffa s'è fatta chiara nel Novecento (anche gli Italiani dovrebbero saperne qualcosa).
Sopra uno sfondo immacolato e specchiante (il suo ambiente: l'ambiente cittadino), ecco la vettura tradizionale e rilucente della linea di trasporto pubblico che ha il verde come tratto cromatico d'identificazione.
E soprattutto lo schiaffo, tanto più ironico perché crucialmente riferito alla lingua, di riportare Volkswagen alla sua natura di nome comune, alla sua schietta referenzialità, alla piana efficienza quotidiana di ciò che designa o dovrebbe o avrebbe dovuto designare, se in un momento sommamente infausto per la storia d'Europa l'espressione non fosse stata ideologicamente innalzata al rango di nome proprio, di marca, di emblema di un sistema in cui la ragionevolezza precipitava. Cosa che la ragionevolezza continua forse a fare, malgrado le apparenze, e su scala planetaria.
Per cui, vien fatto di pensare a un italofono in libera interpretazione associativa, la sola risorsa che rimane è di attaccarsi al tram.
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