"Sono da sempre persuaso che un giorno entrerà in casa mia un cavallo verde a chiedermi una sigaretta senza filtro, e sento fin d'ora il disagio che proverò dovendogli rispondere che non fumo": come non condividere cordialmente l'attitudine di Giorgio Manganelli così deliziosamente presentata?
Cinque verbi di forma finita. Presente: sono... persuaso; futuro: entrerà; presente: sento... il disagio; futuro: proverò; presente: non fumo. Il presente di uno stato morale permanente, vero in quanto soggettivo; poi, con il futuro e il conseguente valore temporale, la modalità irreale di una oggettiva terza persona; segue il presente di uno stato sentimentale, nuovamente soggettivo; quindi, un futuro di sintesi, che mescola ambiguamente verità soggettiva e oggettiva irrealtà; infine, introdotto da una modalità deontica che sospende, come si sa, ogni valore di verità, la piana espressione al presente negativo di uno stato permanente del soggetto.
D'altra parte, sempre in tema di corrispondenze sistematiche, solo due attributi: uno inatteso e straniante (verde), quindi ad alto contenuto informativo (un cavallo verde?), l'altro di meccanica prevedibilità (senza filtro), quindi a basso contenuto informativo (senza o con: due possibilità equipollenti, cioè solo un bit).
Del resto, cosa ci sarebbe di stupefacente (di comico o di tragico) nell'ingresso in casa di un cavallo parlante? Nulla. Da sempre, ci son stati mondi dove i cavalli l'hanno pacificamente fatto, dicendo tra l'altro cose sensatissime: testimone l'affidabilissimo Lemuel Gulliver. Stupefacente è invece che, intanto, il cavallo sia verde. Ancora più stupefacente è poi che un essere così poco comune (unico, a dire il vero) faccia una richiesta tanto comune e della massima prevedibilità.
In funzione di tale banalità sta d'altra parte in relazione l'effetto comico prodotto dal semplice disagio. Per litote, il disagio provoca infatti il flop della naturale attesa, da parte del lettore, di uno stupore attonito dell'io protagonista del gag. L'attesa si gonfia come un pallone: un cavallo entra in casa, parla, è verde e (come anticipazione, già in inquietante o consolante diminuendo) chiede una sigaretta senza filtro. Repentinamente si sgonfia, però, quando ci si trova davanti, in modo inatteso, alla confessione dell'intima reazione di un modello ideale forse di timidezza, forse di snobistica predisposizione a una distante tolleranza.
Cosa sarà mai, per casa, un cavallo verde parlante e fumatore, a paragone dell'imbarazzo di non riuscire a soddisfarne la richiesta? Ed è tutto lì, nella piatta ordinarietà di un disagio, l'incontro certissimo (e della cui evenienza non si può che essere fermamente persuasi) con un simile prodigio e con la sua altrettanto ordinaria ma ineludibile richiesta?
Ah! Apollonio stava quasi scordandosi di ricordarlo: verde, come Giorgio Manganelli certo sapeva, è il cavallo del quarto cavaliere dell'Apocalisse.
Inquietante, illustre Apollonio, inquietante, anche alla luce dell'annotazione che chiude il frustolo. L'avrebbe fumata quella sigaretta il cavallo verde? l'avrebbe data al suo cavaliere (forse) assente in quel momento? chi dei due avrebbe poi gettato il mozzicone acceso in terra in quel giorno? Il disagio avvertito da Manganelli, nasconde forse - nella delusione di non poter accontentare la richiesta del cavallo - un'avversione per il mondo?
RispondiEliminaBlac
Magari sì, inquietato Lettore. Ma, il mondo, sono spesso gli avversi che non pretendono di cambiarlo quelli che, in fin dei conti, lo migliorano.
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